La realizzazione di opere edilizie abusive, benché realizzate su suolo di proprietà comunale (edilizia residenziale pubblica), comporta la loro demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. In caso di box garage abusivo, chi è il destinatario dell’ordinanza di ripristino quando il responsabile dell’abuso non coincide con il detentore del bene?
In assenza di una prova certa circa la data della commissione degli abusi, con allegazione di dichiarazione sostitutiva di atto notorio prodotta dall’interessato ed inconfutabili atti o documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrano la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione dei manufatti nella loro attuale consistenza, difficilmente viene individuato il precedente proprietario come destinatario del provvedimento repressivo.
La giurisprudenza dispone di diversi indirizzi interpretativi, ma spesso aderisce all’orientamento già affermato in diverse sentenze, secondo cui la qualità di utilizzatore di un immobile realizzato abusivamente in assenza di titolo abilitativo sul demanio o sul patrimonio di enti pubblici, è sufficiente ad individuarlo come destinatario dell’ordine di ripristino senza che vi sia la necessità di accertare chi ha concretamente realizzato l’abuso. (T.A.R. Veneto, Sez. II, 30 gennaio 2014, n. 121).
L’ordine di demolizione non presuppone l’accertamento dell’elemento soggettivo integrante responsabilità a carico del suo destinatario, né è un provvedimento diretto a sanzionare un comportamento illegittimo del trasgressore, ma è un atto di tipo ripristinatorio avendo la funzione di eliminare le conseguenze della violazione edilizia, attraverso la riduzione in pristino dello stato dei luoghi conseguente alla rimozione delle opere abusive. Per tale ragione l’ordine di demolizione deve essere rivolto a colui che abbia la disponibilità materiale dell’opera abusiva, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata, aspetto che potrebbe rilevare sotto il profilo della responsabilità penale, ma non per la legittimità dell’ordine di demolizione. (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 31 luglio 2012, n. 3710).
Atteso che la speciale disciplina di cui all’art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, che non prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, trova la sua giustificazione nella peculiare gravità della condotta sanzionata, che riguarda la costruzione di opere abusive su suoli pubblici in assenza di un idoneo titolo abilitativo, e che l’eliminazione degli abusi è necessaria per ripristinare il corretto assetto del territorio, pertanto l’ordine di demolizione può essere legittimamente rivolto anche a chi abbia l’oggettiva disponibilità dell’area sulla quale sono stati rinvenuti i manufatti abusivi, indipendentemente dall’averli realizzati.
L’art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, essendo volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza l’approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti, e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto (T.A.R Liguria, 5 giugno 2014, n. 873).
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