Il mio hotel, Bhagat, e’ vicino all’eliporto di Ghovind Ghat e dal mattino fino a tardo pomeriggio partono gli elicotteri per Ghangaria, a cinque o sei ore di cammino, punto di partenza per uno dei piu’ famosi pellegrinaggi dei sikh, Hemkund Sahib, un tempio sulle rive di un lago alpino a 4.329 metri di altitudine. Il confine con il Tibet non e’ molto lontano da qui, mentre nell’altra vallata sorge il tempio di Badrinath, sul fiume Alaknanda, una delle sorgenti del Gange.

Hemkund Sabib, ad altre sei ore di trekking da Ghangaria, e’ il posto dove ha meditato il decimo guru Gobind Singh, in una sua precedente vita. Leggo che qui e’ nato Khalsa, la religione sikh, quindi e’ di estrema importanza per la setta. L'eliporto, l'Hally Pad (sic!) come e' scritto, e' a 5 minuti dal villaggio.

Gli indiani della nuova borghesia sono riconoscibili dagli abiti occidentali, accessori di lusso (o finto lusso) e un perenne sguardo tipo ‘lei non sa chi sono io”. Ordini secchi quanto trattano con la gente del posto e sempre con un senso di urgenza. Non sorridono quasi mai. Hanno lo stesso atteggiamento di superiorita' anche con gli stranieri, con cui si confrontano, ma senza la subordinazione verso il ‘bianco’ che e' retaggio dell'epoca colonialista. Il concetto e’ insomma quello milanese, del “pago pretendo” e “spicciati perche’ ho l’elicottero che parte”.