"Non vi sono certezze, solo opportunità."
Inizierò con un'affermazione che di solito fa storcere il naso ai molti che la sentono: a me questo film piace. Anzi, dirò di più: V per Vendetta è un bel film, che non vuole di certo essere un gran film ma riesce benissimo ad essere il film che vorrebbe essere. E funziona, anche se me ne sono accorto "tardi".
Diretto nel 2005 da un certo James McTeigue, regista australiano che fino a quel momento non si era mai cagato nessuno e che ormaitutti ricordano per aver diretto quella schifezza recenteche è The Raven, e scritto/prodotto dai fratelli Wachosi, quelli lì, quelli di Matrix, come si chiamano (ah, sì, Wachowski), questo famoso film tratto dal famoso comics di Alan Moore è un membro attivo del prolifico cinema distopico, tra tragedia (shakespeariana, come si capisce dai continui riferimenti nel film), romanzesco (Il Conte di Montecristo, ma ci torneremo sopra tra poco) e azione, quella hollywoodiana che piace tanto al pubblico tra combattimenti, arti marziali e rallenty.La Gran Bretagna, in un futuro distopico è dominata dal regime totalitario del Gran Cancelliere. A Londra abita Evey, giovane donna salvata da un uomo mascherato conosciuto come "V", un rivoluzionario che combatte contro il partito tanto per sancire la libertà di una nazione, tanto per motivi personali legati ad un passato oscuro. Ma combattere contro il regime non è semplice: serve la forza di un popolo per spezzare le catene che lo tengono imprigionato.La prima volta che vidi V for Vendetta non ne fui particolarmente colpito. Anzi, non lo fui affatto, per niente. Lo considerai un film freddo, glaciale, troppo edulcorato rispetto al capolavoro di fumetto da cui è stato tratto. Un opera che vuole affrontare determinati argomenti non può permettersi di essere freddo, se vuoi rappresentare un fuoco non puoi essere glaciale altrimenti quel fuoco si spegne e tanti saluti. Uso il simbolo del fuoco perché è così che vedo una rivoluzione: qualcosa che cresce, si espande, divora corpi e cuori, arrivando fino alle menti. Qualcosa che non conosce limiti. Come gli ideali. Rividi il film un po' di tempo dopo e le sensazioni che provai rispetto alla prima volta furono completamente diverse. Sentii calore, emozione, energia. In altre parole sensazioni opposte a quelle iniziali. Ovviamente un film non cambia, cambiano solo gli occhi di chi lo guarda.
L'esordio di McTeigue parte come un sogno che lentamente si tramuta in un incubo dalle tinte fosche. Non un inizio cupo perché in realtà ricorda molto quello del fumetto che, appunto, è un fumetto. Poi, tra violenza e disgusto, arriva V, il protagonista col volto celato dalla maschera di Guy Fawkes e il fuoco si accende illuminando l'oscurità che ci ha circondati. V è il Conte di Montecristo, uomo in cerca di vendetta su chi in passato l'ha vessato e calpestato, ma anche un simbolo di speranza, un artista delle parole e delle armi che piega le bugie di un impero e le squarcia come le gole dei suoi nemici, svelando la verità che ci sta dietro. E tale verità è che non si può vincere da soli, nemmeno lui può farlo, e che l'unico modo per riuscire è divenire una marea che tutto travolge, un fuoco che tutto brucia, spinto da quell'ideale che non è la vendetta ma la giustizia.
C'è del sentimento in questo film. C'è la tragedia del suo protagonista e quella dei suoi comprimari, della sua "discepola" Evey sola quanto lui, di un paese sul baratro ma non impersonale come quello di 1984 ma con un volto e una storia ben definita, identificabile con un uomo/simbolo al contrario, il Gran Cancelliere, il potere che vuole potere solo per il potere. Lo so, sembra uno scioglilingua.
Ci si emoziona guardando questo film o, almeno, io mi emoziono. C'è l'amore di una ragazza verso il suo "salvatore", colui che le ha aperto occhi e mente e che le ha permesso di diventare da pecora leone. C'è l'impossibilità di ricambiare quell'amore perché V è un mostro, una macchina di morte che sfugge alla trappola dell'odio rincorrendo quell'ideale di cui sopra. E alla fine paga le proprie colpe, perde il proprio corpo e si tramuta in un simbolo, quella V ricorrente troppe volte, ovunque. Ci sono parole forti, veri e propri proclami e c'è un'umorismo che scivola fuori e si scontra con la disperazione di fondo.C'è la Portman che è di uno splendore unico, bella persino coi capelli rapati a zero e c'è Hugo Weaving (l'Agente Smith di Matrix, ricordate?) col volto nascosto perennemente da una maschera ma che funziona benissimo lo stesso, anzi, forse ancora meglio. E c'è anche del qualunquismo in questo film, perché deve arrivare al cuore di tutti, ed allora si ricorre a trucchetti, ad un certo appiattimento, a tutto quello che ha reso grande Hollywood ed era la cosa che più mi aveva infastidito durante quella famosa prima visione ma su cui passo sopra adesso, perché voglio guardare ancora un film col cuore e non solo con occhi e con mente. Perché non sono un critico e non lo voglio essere. E allora mi riguardo V per Vendetta ogni volta che lo passano in tv. E sono felice."Il Parlamento è un simbolo, come lo è l'atto di distruggerlo... sono gli uomini che conferiscono potere ai simboli... da solo un simbolo è privo di significato ma con un bel numero di persone alle spalle far saltare un palazzo può cambiare il mondo"