Va’ a capire
Creato il 22 agosto 2014 da Malvino
Quanti
morti fecero le guerre di religione consumatesi in Europa tra la metà del
Cinquecento e la metà del Seicento? La stima oscilla tra i 90.000 e i 120.000, e
parliamo di un’epoca in cui la popolazione europea era circa un quarto di
quella mondiale, intorno ai 140 milioni di individui su 620. Guerre di
religione per modo di dire, perché non c’è bisogno di essere storici di stretta
osservanza marxista per individuarne le cause in ragioni di natura eminentemente
economica. Com’è noto, poi, le cose non possono essere semplificate in modo
lineare: il grosso del massacro si ebbe tra cattolici e protestanti, ma in
ciascuno dei due campi s’ebbero screzi tutt’altro che incruenti, e al conto va
aggiunto chi non c’entrava se non di sguiscio, come gli ebrei, i colpevoli di
stregoneria, ecc. Era un gran bordello, e a starci dentro non è che si capisse
esattamente cosa stesse succedendo, sicché tornava comodo il modello di un
conflitto tra due modi diversi di intendere lo stesso Dio.
Bene,
almeno a leggere Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera d’oggi, possiamo dire di non aver imparato
nulla dalla storia. C’è un gran bordello in Medioriente, è ovvio, ed è fin
troppo evidente che l’islam accusi i suoi sei secoli di ritardo sul
cristianesimo dandoci solo adesso la resa di conti tra sunniti e sciiti. Gli
uni cercano di prevalere sugli altri nella speranza di conquistare una
definitiva egemonia, poi, semmai, troveranno un accordo, si spartiranno quello
che hanno da spartirsi, e non è neanche detto che tra due secoli o tre non
comincino a concepire qualcosa di ecumenico, nel mentre anche lì si farà strada la sana idea che il sacro è meglio se ne stia buonino nel privato. Niente, Ernesto Galli della Loggia
legge i fatti in altro modo: è guerra di religione, ma tra islam e
cristianesimo. Per meglio dire: l’islam ha dichiarato guerra al cristianesimo,
che però non trova soldati a difenderlo, sicché l’occidente è fritto. E a quali
mezzucci non ricorre per dimostrare quanto è salda la sua tesi.
«Come si può riuscire a
fare la guerra a un aggressore che invoca continuamente Dio e l’appartenenza
religiosa senza dare alla propria risposta militare alcun carattere anch’esso a
propria volta inevitabilmente religioso? Detto altrimenti: è davvero necessario
perché si possa parlare di guerra di religione che entrambi gli avversari la
proclamino tale, o non basta invece che lo faccia uno solo? Se uno mi ammazza
perché io sono sciita, cristiano, o ebreo, o “infedele”, e io cerco di
difendermi colpendo a mia volta, cos’è questo se non un conflitto religioso?». Non strabuzzate gli
occhi, Ernesto Galli della Loggia pensa che, per difendersi da uno che cerca di
ammazzarti perché a torto o a ragione ti crede buddhista, bisogna armarsi di kalashnikov,
sì, ma solo dopo aver indossato un bel saio arancione e aver cantilenato un tot
di «Hare Krishna! Hare Rama!», sennò
c’è il rischio di prendersi schiaffoni da uno che, mentre ti mena, urla «Pasquale,
figlio d’un cane!», e tenerseli «perché,
io so’ Pasquale?». In altri termini, se un truce energumeno armato di
scimitarra si para innanzi a Indiana Jones e inizia a volteggiarla in aria
minacciosamente, per Ernesto Galli della Loggia il duello non può essere che a scimitarra.
Avere una pistola e sparargli sarebbe inopportuno? Va’ a capire.
«Domanda numero due: se
una persona di diversa religione e origine culturale si trova fin dall’infanzia
a vivere per anni ed anni con la propria famiglia in un Paese occidentale, ne
apprende perfettamente la lingua, ne frequenta le scuole, vi si fa
presumibilmente degli amici, ne assorbe le abitudini quotidiane, ma a un certo
punto decide che tutto quanto è stato così intimamente e così a lungo intorno a
lui gli è in realtà insopportabile e repellente fino al punto da meritare il
più crudele annientamento, che cosa indica ciò? Che nome merita? E un fenomeno
del genere ripetuto per centinaia di casi, è un fatto casuale, un puro
accidente oppure no?».
A parte il fatto che il caso di specie è tutt’al più nell’ordine delle decine, da
un disagio psichico che sfoci in una carneficina non può essere colto anche una
persona di «uguale» religione e origine culturale? Se per difenderci dall’immigrato
musulmano di prima, seconda o addirittura terza generazione che in sé covi un
micidiale stragista dobbiamo travestirci da crociati, da cosa dobbiamo
travestirci per difenderci dai potenziali mostri indigeni travestiti anch’essi
da crociati come Anders Breivik? Il mondo è pieno di tizi che a un certo punto
possono sentire insopportabile e repellente quanto hanno intorno, e fino al
punto da considerarlo meritevole di un crudele annientamento: cambia solo ciò
che offre un motivo al malessere e un movente alla violenza. Che la strage sia
ordinata da Allah, da Satana o da una vocina che esce dall’oblò della lavatrice,
perché dovrebbe essere approntata una difesa di volta in volta diversa?
«Una radicale
riconciliazione con il principio di realtà: ecco che cosa ci manca nel nostro
modo di guardare al mondo», così conclude Ernesto Galli della Loggia. «Certo, le idee sono una guida necessaria a
muoversi in esso. Ma che cosa il mondo sia e come funzioni, non l’hanno quasi
mai stabilito le idee». Qui proprio non gli si può dar torto: spesso l’hanno
fatto gli umori suscitati nelle masse dai propagandisti della classe egemone.
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