Va a ciapà i ratt

Creato il 20 febbraio 2012 da Lamagadioz

Ragazzi…la vita milanese mi sta massacrando. Pensavo di averle provate tutte, credevo che le otto-dieci ore al casinò di Sydney che mi sparavo quattro-cinque volte alla settimana rappresentassero il momento in cui mi sono più sbattuta in tutta la mia vita. Ma mi sbagliavo. Ricordo ancora quando a Sydney pensavo di non aver mai lavorato tanto in vita mia…e adesso a Milano devo ripetere la frase. E farmi qualche domanda:  ma prima dell’Australia io che caspita facevo? Una mazza, bravi. Anche questa è la mia conclusione. Pensavo di lavorare e invece per 28 anni io ho fatto un belino, come si direbbe a Genova.

Poi a Sydney mi sono rimboccata le maniche e mi sono sudata la pagnotta e a Milano le maniche me le sono dovute direttamente tagliare perchè tanto non servono visto il mazzo che mi fanno fare. Se qui in Lombardia lavorano così, non oso immaginare a quali massacri sarei sottoposta se lavorassi nel nord est italiano, tipicamente noto come terra di assidui lavoratori….

Comunque è una questione di ritmo. La prima settimana arrivavo a casa sui gomiti, la seconda sulla ginocchia e adesso comincio a fare le scale con le mie gambe…tempo qualche mese e sarò “milanese” anch’io!

Non lavoro in fabbrica, perchè almeno giustificherei la stanchezza. Il mio unico lavoro manuale è scrivere al computer, quindi niente di che. Solo che devo mettere in moto le celluline grigie, come le chiama Poirot, per otto ore al giorno in un modo che non vi posso descrivere, con gente che ti chiede cose da una parte e altri che le pretendono dall’altra e tu cerchi di far contenti tutti. E questo prima di cominciare  a fare quello che dovresti fare davvero.

Insomma, bisogna adattarsi. E io sono una che si adatta, devo ammetterlo. Ho cambiato più città e lavori io che non so chi, dai 20 ai 30 anni ho cambiato così tante volte, mi sono messa così tante volte in discussione che non penso sia normale. E ancora oggi, all’alba dei 31 anni, gioco ancora  a fare quella dubbiosa, quella che scandaglia tutto e tutti sempre, quella che non si dà pace e ama darsi il tormento perchè la mia vita è tensione pura, è un continuo rincorrere una felicità che sappiamo tutti irraggiungibile, o che non ammettiamo di aver raggiunto anche quando è sotto i nostri occhi.

La poesia finisce qui, tranquilli. Ho aperto una parentesi in preda all’estasi. Però davvero, se penso alla mia vita, prendendo solo quella degli ultimi anni, è davvero un gran casino. L’anno scorso ero in un ridente paesino della riviera Ligure, due anni fa ero in Australia, tre anni fa ero a Genova. E adesso sono a Milano. Ho imparato l’inglese, il francese, un po’ di tedesco e di spagnolo e adesso mi ritrovo a fare i conti con un nuovo idioma: il milanese.

La mia vita è stata ed è un continuo apprendimento, un conoscere e mettere da parte e ricominciare da un’altra parte, dall’inizio, per la voglia di apprendere un mestiere nuovo, la voglia di non lasciare nulla di intentato, tastare tutte le strade e poi scegliere la migliore.

Tutte queste esperienze mi hanno portato oggi in un piccolo paesino alle porte di Milano. Mai lo avrei detto in vita mia.

Io i milanesi, prima di conoscere il mio ragazzo, non li potevo soffrire. Tipico pregiudiizo stupido il mio, lo so. Li pensavo sbruffoni, arroganti, presuntuosi, pieni di sè e con un ego smisurato, che punta”verso l’infinito e oltre” come direbbe Buzz LightYear.

Sono così, esattamente come li ho descritti, solo che c’è pure dell’altro

C’è che all’inizio sono diffidenti, chiusi e indifferenti. Ma è solo apparenza. Ti studiano, è una tattica. Ti testano, ti annusano. E se passi il test, schiudono un po’ la porta del loro cuore. E ti danno un’occasione per spalancare quella porta.

Se fai le mosse giuste e la spalanchi, allora poi non ti fanno più uscire. Se fai un errore…zac!!!! Finito, chiuso, ciao.

O almeno questo è quello che ho percepito.

Sono tipi strani, come tutti gli italiani a modo loro. Loro non ti mandano a cagare, ti mandano a prendere i topi (come da titolo) e già da lì capisci che qualcosa non va. Da che il mondo è mondo (o da che mondo è mondo? Boh…) la gente si manda  a cagare, o manda a quel paese oppure i più cattivi ti augurano di prendere una certa cosa dritta dritta nel didietro….loro no, loro ti mandano a prendere i topi. Ma perchè non le mele o magari latte, come canta Morandi? No, i topi.

Vabbè,  non perdiamoci il sonno, tanto non ne verrò mai a capo. Magari posso chiedere allo zio del mio ragazzo, il Gianni, che parla solo in milanese e azzarda qualche frase in italiano solo in mia presenza. Ma per poco, poi se si accorge che un po’ capisco il dialetto, si ributta a piene braccia nella parlata lombarda e chi lo ferma più. Chiederò a lui che significa questo modo di dire, già sapendo che mi racconterà, tutto contento, la storia di questo detto, persino chi erano quei topi che tutti mandano a prendere come se fosse una punizione.

Alla fine mi sto divertendo anche a scoprire usi e modi di un popolo che poi in fondo è mio, appartiene alla mia Italia anche se con tradizioni, dialetti e usi diversi. Mi sto divertendo a osservarlo, come mi divertivo a osservare gli australiani. E anche qui, a pochi chilometri dalla mia casa natale, trovo tante differenze e tante somiglianze, proprio come in Australia.

Solo che gli italiani, da nord a sud, da est a ovest, non so perchè, ma sono più interessanti.

Bonanott! (si dice così? boh, chiedo al Gianni:-D)


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