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Vaccino anti HPV: “ecco perché è inutile”

Creato il 17 luglio 2015 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Vaccinazioni
vaccinazioni hpv

Abbiamo intervistato Michele Grandolfo, l’epidemiologo che, nel 2006 – quando il governo italiano decise di promuovere la vaccinazione antipapilloma virus sulle bambine – era dipendente dell’Istituto superiore di sanità (ora è in pensione).
Con Michele Grandolfo, che è stato per decenni dirigente di ricerca al Centro nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute dell’ISS (Istituto superiore Sanità), abbiamo parlato dell’utilità di far vaccinare le bambine o le giovani donne.
È vero che sconsigliò il ministro Livia Turco dal comprare i costosi vaccini e dal promuovere una campagna simile?
“Non parlai con lei direttamente, ma misi per iscritto il mio pensiero di epidemiologo dell’istituto in una relazione richiestami da una sua consulente”.
Qual era il suo pensiero? E ci dica se, negli anni, è cambiato.
“La vaccinazione contro il papilloma virus non aveva senso nel 2006 e non ha senso oggi per svariati motivi. Primo: l’efficacia dei vaccini in commercio è stata testata solo considerando la riduzione delle displasie gravi e non del tumore del collo dell’utero”.
Cosa significa?
“Le displasie gravi sono le lesioni che possono portare al cancro ma in tempi molto lunghi. Spesso le displasie regrediscono da sole, per questo si preferisce aspettare a rimuoverle. Per sapere se questi vaccini prevengono veramente i tumori bisogna attendere 30 o 40 anni”.
Ma allora l’efficacia di cui si parla è solo teorica?
“Sì”. Cliccate qui
E tutta l’informazione, sull’anti HPV?
“È stata sempre ingannevole, le autorità competenti hanno la responsabilità e l’obbligo di intervenire”.
Ma lei è stato in passato il consulente di riferimento per le strategie vaccinali.
“Come può un ministro della Salute dare retta a un solo epidemiologo quando la stragrande maggioranza del mondo accademico sostiene a spada tratta l’utilità della vaccinazione?”.
Per prima cosa non si sa il vaccino serve allo scopo, e poi?
“Purtroppo si è visto che in Australia le giovani vaccinate sono meno propense a fare il pap test. Cliccate qui. Direi che questo è un effetto perverso gravissimo perché il pap test è l’unico mezzo efficace per prevenire il tumore del collo dell’utero. È grazie al pap test che incidenza e mortalità di questo cancro si sono ridotte progressivamente (al momento 2 decessi ogni centomila donne). Consideriamo che chi è vaccinato deve fare comunque il pap test, ma se questo strumento è già adeguato non si capisce perchè i sistemi sanitari scelgano di spendere tanti soldi in vaccini di cui si sa pochissimo. E poi bisogna considerare anche un altro aspetto: la donna vaccinata si sente inconsciamente protetta dalle malattie a trasmissione sessuale e tende a non prendere le adeguate precauzioni per evitarle (ad esempio non usando il preservativo)”.
È vero che inibendo alcuni ceppi si rischia di dare più spazio ad altri ceppi oncogenici di virus?
“Sì. È il rimpiazzamento ecologico dei ceppi circolanti,  è un rischio reale, già evidenziato in altre circostanze: la vaccinazione di alcuni ceppi lascia spazio ad altri implicati nello sviluppo tumorale. I virus conquistano nuovi spazi e non tutti circolano con la stessa intensità. Se devio un’eruzione vulcanica non so più dove la lava va a finire. Gli addetti ai lavori lo sanno e avrebbero dovuto tenerne conto…!”
Ma allora questo ragionamento va fatto per tutti i vaccini…
“Certo. Infatti, Sabin coprì la popolazione con tutti i ceppi di polio il più velocemente possibile per non lasciare i ‘suscettibili’, le persone che avrebbero potuto ammalarsi”.
Se una bambina si vaccina a 12 anni per quanti anni è protetta?
“Perché questo vaccino sia efficace dovrebbe garantire un’immunità per 30 o 40 anni ma è difficile da sostenere un’ipotesi simile con un vaccino ingegnerizzato (i vaccini formati da parti antigeniche non vitali hanno una capacità ridotta di stimolare il sistema immunitario). E non ci sono ancora studi a riguardo”.
Insomma, ci hanno presentato un vaccino dalla portata stratosferica, il “primo contro un cancro” e poi non si sa ancora nulla?
“È così, purtroppo. Per promuovere una vaccinazione di massa occorre informare in maniera capillare la popolazione ma si documentano le persone quando gli studi ci sono, sennò è solo marketing”.
Perché oggi si raccomanda il test per verificare la presenza del virus HPV alle giovani?
“Dico subito che questo esame non deve sostituire il pap test. Perché il 70% delle donne durante la vita si infetta con un ceppo di papilloma ma non se ne accorge nemmeno, il suo corpo lo combatte. Mentre il pap test segnala subito le eventuali lesioni, il test di cui mi ha chiesto segnala solo la presenza del virus”.
Allora, in prima linea, non serve a niente.
“Esatto. A meno che non si voglia incoraggiare a fare il vaccino anche le 30-40 enni che risultano negative al test del virus”.
Concludiamo con due notizie di cronaca.
L’interrogazione parlamentare.
È di ieri la notizia che alcuni senatori del gruppo misto (primo firmatario Maurizio Romani) hanno presentato un’interrogazione al ministro della Salute chiedendo disospendere la vaccinazione antipapilloma “in attesa sia dei risultati che potrebbero emergere dagli studi sulle reazioni avverse al vaccino avviati in altri Paesi sia del completamento della sperimentazione, secondo i tempi stabiliti dalla procedura ordinaria”. (In Finlandia non è stata accolta la proposta di vaccinare tutte le adolescenti ma è partita una sperimentazione di fase III che si concluderà nel 2020: a 12mila ragazze è stato dato il vaccino, ad altrettante un placebo).
Lo studio dell’Ema.
L’Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha appena avviato un’indagine sul rapporto tra la vaccinazione antipapilloma e due patologie, la sindrome da dolore regionale complesso (Crps), una condizione di dolore cronico agli arti, e la sindrome da tachicardia posturale ortostatica (Pots), in cui la frequenza cardiaca aumenta in maniera anomala dopo che ci si siede o ci si alza. Entrambe le malattie potrebbero essere correlate al vaccino.
Ps. Però.
Sergio Pecorelli, presidente Ema è stato consulente sia della Sanofi Pasteur che della GlaxoSmith, le due big pharma produttrici dei vaccini.
Articolo tratto dal blog di Gioia Locati su Il Giornale.it



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