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Vade retrò Monti

Creato il 13 gennaio 2013 da Albertocapece

Mario Monti Il simplicissimusAnna Lombroso per il Simplicissimus

“Dio ci scampi da destra e sinistra”, esclama Monti, sprezzante.
Ormai a nessuno verrebbe in mente di chiedere al Pd “di’ qualcosa di sinistra”. Ma chiedere a Monti di dire qualcosa di destra è superfluo: lui la destra più cupa, antidemocratica, una maionese di iniquità, emulsionata con l’aria fritta del modernismo e del moderatismo, della globalizzazione e della competitività, della flessibilità e dell’egemonia del mercato, la rappresenta come il più appropriato testimonial pubblicitario, come Siffredi per le patatine, o quello del quale non ricordiamo il nome perché lo identifichiamo coi materassi.
È che lui dice così per significare invece “dio ci scampi dalla politica”, il suo vero spauracchio. Perché assetto e ordinamento democratici, partecipazione, controllo e voce dei cittadini e dei lavoratori e delle loro rappresentanze, sovranità dello stato, ruolo degli organismi di vigilanza indipendenti, una legalità fatta di equità nelle regole, nell’accesso, nella gestione amministrativa e fiscale, sono per lui proprio come l’aglio per i vampiri.

Come si addice al continuatore ideale del pagliaccio, bonapartista anche nella statura, lui e i suoi affini, si nutrono della distruzione delle categorie politiche e ideologiche, fagocitandole per creare un loro ordine attraverso il massimo del disordine e della sregolatezza: rottura dell’assetto costituzionale, distruzione consapevole delle istituzioni statali, esproprio dei beni comuni, fastidio per gli arcaici processi e per le procedure del parlamentarismo. E non stupisce che “né di destra, né di sinistra” facciano la loro divisa, il loro programma concreto e la loro visione distopica, perché questa radice tossica di tutte le tentazioni totalitarie costituisce proprio invece la sublimazione della destra, conservatrice nei fini e apparentemente innovatrice nei mezzi, gerarchica fino al razzismo, sul piano sociale più che antropologico, iperindividualista (che anche loro sono ammaliato dal culto della personalità, in questo caso della mediocrità).

E in verità il loro edificio ideologico, inadeguato come si è visto a fronteggiare la crisi, gestita con rigida incompetenza, con la strafottente applicazione di misure e regolette ragionieristiche, ha però sortito un successo, quello di annettersi irreparabilmente quel “centro-sinistra” che si definiva erede della tradizione socialdemocratica, che si auto-rappresentava come attenta allo stato sociale, con una vocazione pacifista, con l’istinto a testimoniare dei diritti dei lavoratori. E che partecipava all’aggressione guerrafondaia travestita da missione umanitaria, che minava il diritto allo sciopero, che impoveriva lo stato sociale, coprendo e partecipando di incompetenze e corruzione, che attuava la svendita del patrimonio pubblico ai privati, che aderiva alle leggi ad personam, che assisteva senza ferire al conflitto di interesse, che collaborava al mantenimento di una legge elettorale indegna e nemica della cittadinanza e della democrazia.
E certo non può preoccupare Monti una sedicente socialdemocrazia che si è fatta destra moderna, assumendo caratteri reazionari, caratteristiche clericali e perfino lusinghe fasciste.
Mi ero detta che non bisognerebbe parlarne di Monti, che è un errore sopravvalutarne il peso e il suo stesso vaniloquio, che lo ha ridotto a macchietta degli insuccessi della tecnocrazia, ormai ridimensionato dai suoi stessi mandanti. Si, verrebbe proprio voglia di condannarlo a quella eclissi che teme quanto il suo predecessore, a quel cono d’ombra che lo spaventa dopo l’occhio di bue del potere.

Ma è bene ricordare che non è stato e non è solo anche nell’accreditamento di una crisi che serve alla cancellazione dei diritti e delle regole democratiche, che impone l’abolizione della circolazione monetaria, che fa evaporare i principi di sovranità, che rinvigorisce la lotta di classe, padronato contro lavoro, che così vuole ridefinire i rapporti di forza fra gli Stati, le multinazionali e i ceti. È bene ricordare che lui e gli alleati che disprezza e che gli saltellano intorno come botoli in cerca di attenzione, nutrono il simulacro dell’orco, lo ridicolizzano ma lo espongono come un ostensorio nelle liturgie della paura, paura di un’alternativa che invece c’è, ci deve essere e che dobbiamo costruirci noi contro di loro.


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