Stiamo meglio della Grecia. Infatti non abbiamo (ancora n.d.r.) i suoi 1700 suicidi. Questo è il grottesco succo di un intervista al Corriere del tutor Cepu degli italiani, ovvero il professor Monti. Tra una raffica di balle sulla crescita del tutto in contrasto con i dati e le proiezioni degli organismi internazionali, il premier non spiega perché stiamo facendo le stesse cose che hanno fatto in Grecia, e tuttavia dovremmo salvarci. Ma si sa che le spiegazioni non vengono mai quando non le si può dare.
Però in un eccezionale accesso di cinismo e di mal gusto il premier si vanta anche di questo grandioso risultato: che ancora da noi i suicidi sono numericamente contenuti rispetto alla Grecia. Mi chiedo quale leader intelligente, quale persona intelligente userebbe questo argomento allo stesso tempo ignobile e stupido per evitare di affrontare la realtà. E del resto i 1725 suicidi in due anni che rendono conto del dramma greco sono tre volte rispetto a quelli italiani che per è stata investita dal pieno della crisi e dalle ricette della Bce con un anno e mezzo di ritardo: quindi anche sul piano fattuale è un paragone che non regge.
Ecco una persona che finché è rimasta nell’alveo di un’attività di rappresentanza è riuscito a darla a bere, ma una volta in primo piano si rivela al di sotto di ogni aspettativa, salvo quelle di chi attraverso di lui e l’impoverimento del Paese sta finanziando il sistema bancario e il surplus commerciale della Germania. Dall’inizio di quest’anno ci sono già stati circa sessanta suicidi dovuti all’inasprirsi della crisi tra imprenditori, artigiani, licenziati pensionati. “Succede” dice Befera ed è già una reazione che montare collera e indignazione. Ma arrivare a dire che dopotutto sono meno che altrove per farsene vanto, riassume il cinismo impudente dei cravattari di stato e quello irridente del Cavaliere che raccontava la favola dello “stiamo meglio degli altri”.
La vetta della sobria e ottusa indifferenza è stata raggiunta in fretta da questi sherpa che hanno il pelo sullo stomaco folto come pellicce di visone. Chi diceva che c’è un destino nei nomi?