Mi faccio largo tra gruppi con le facce scure che parlottano nervosamente tra di loro con differenti toni di voce. Si va dall'acredine sprezzante, alla sicumera classica del so ben io cosa si dovrebbe fare in questo paese. In queste situazioni si potrebbe ben pescare a man bassa, una vera fucina di idee, per risolvere il problema della nazione, altro che commissari tecnici della nazionale, l'Italia è un paese di primi ministri in pectore, con in tasca la ricetta pronta per mettere a posto le cose senza colpo ferire. Riesco sgomitando ad arrivare alla colonnina distributrice del numero di coda. Con orrore mi accorgo di averne davanti 54 e gli sportelli sono solo due, più forse uno interno e misterioso, che di tanto in tanto, forse presosi pietà, apre una porticina misteriosa e chiama un numero. Va bene, in fondo si tratta solo di aspettare. Se fossi in possesso di un e-reader, potrei accoccolarmi da qualche parte e leggere qualche cosa. Ecco perché mi servirebbe l'attrezzo. Bisognerà pensarci. In mancanza, basta mettersi ad osservare intorno lo spettacolo di arte varia che si dipana come un happening continuo. La folla è piuttosto irrequieta e non riesce ad aspettare tranquilla il proprio turno. C'è chi si aggira qua e là come un leone in gabbia, chi cerca qualcuno con cui dividere la mala sorte, chi sbuffa maledicendo il tempo perso che ben in un altro modo avrebbe saputo e dovuto impiegare.
Ognuno cerca di raccontare il proprio incredibile problema ad un uditorio completamente sordo e già assorto nella sua accidia fegatosa. Tutti hanno l'ansia di raccontare a qualcuno cosa stavano facendo, tutte cose assolutamente importantissime e vitali e che hanno dovuto interrompere per venire qui a sciogliere una matassa ingiusta ed insolubile sicuramente. Ognuno cerca un padre confessore con cui confidare il proprio terribile segreto, la colpa che è stato costretto dalla necessità a commettere e che ora deve espiare così duramente. Basta buttare lì un eh certo che ha proprio ragione e subito vieni assalito dal racconto dettagliato del fatto e di come tutto ha condotto inevitabilmente al tunnel di ingiustizie a cui si è disumanamente sottoposti. L'interno dell'ufficio è davvero piccolissimo, poche sedie su cui ci stanno al massimo una decina di persone; forzatamente tutti gli altri aspettano fuori in strada, dando un po' la sensazione dell'assalto ai forni del pane. Per fortuna non piove, anzi fa un caldo torrido già alle 10. In effetti nella stanzetta c'è l'aria condizionata e si sta benissimo. Adocchio la prima sedia che si libera, c'è un turn over piuttosto veloce e me ne approprio senza problemi, tanto i più preferiscono rimanere all'aperto, c'è più gente con cui scambiarsi le lamentele. In realtà all'interno c'è un freschino delizioso, molto meglio che a casa mia. Quasi quasi, se ci fosse il wifi, domani vengo qui a passare la mattinata, casa mia è un forno. Ma anche senza niente da leggere, lo spettacolo va avanti, basta stare a guardare.
Una vecchia cariatide di fianco a me, incartapecorita e con la faccia cattivissima, con una smorfia feroce e la piega della morte sulla bocca, si guarda intorno come se avesse timore di essere infettata dalla folla plebea. Di tanto in tanto lancia il suo mantra al vuoto, tanto nessuno la sta a sentire. Vive al mare, forse in una bara di marmo, da cui esce nelle notti di luna (e su cui già paga IMU e Tares) e non capisce perché deve pagare l'immondizia per una casa che abita pochi giorni al mese. Aspetta da ore e si capisce dalle frasi sprezzanti, quanto si senta lontana da questo mondo di miserie umane. Quando viene il suo turno, viene cacciata subito via. Le tasse si pagano e basta. Mette mano al portafoglio convinta di aver sempre pagato lì, ogni anno quando viene a protestare per l'estorsione. L'impiegato che ci lavora da dieci anni mostra di non averla neppure la cassa. Se ne va convinta di avere subito una grave ingiustizia e che la si voglia far passare per pazza. Un omone grasso e sudato ce l'ha con tutto il mondo e soprattutto con quelli che perdono tempo quando è il loro turno, Guata con ferocia coloro che attendono muniti di borse colme di documenti o faldoni blu da ufficio, inevitabili promesse di pratiche lunghe da svolgere. Gli stranieri sono subito identificabili. Si guardano attorno spaesati, cercando cartelli esplicativi o informazioni inesistenti. Quando tocca a loro, balbettano il loro problema alla meglio.
Ma c'è subito qualche cosa che non va, mancano documenti, la domanda non è ben posta, non si capisce il problema, dovevano andare prima da un'altra parte. La spiegazione è veloce e un po' ruvida anche senza intenzione, ma si vede subito che il richiedente non riesce a capire assolutamente cosa deve fare, perduto nel ginepraio inestricabile del burosauro divoratore che parla con lingua nemica. Hai capito? Il malcapitato cerca di ripetere malamente il suggerimento mal digerito, viene di nuovo corretto, poi se ne va con aria dubbiosa e infelice di chi non sa bene cosa fare. I neri sono i più spaesati, parlano poco e se ne vanno subito silenziosi e con la testa bassa. I cinesi sembrano più informati , non capiscono allo stesso modo, ma dalla maniera in cui raccolgono le carte, appaiono più sicuri e decisi e se ne vanno come chi sa a chi deve rivolgersi per risolvere le cose; i balcanici bofonchiano di più, cercano di capire invano, ripetono diverse volte le cose come per afferrarle meglio, poi alla fine rinunciano anche loro come quando ti trovi davanti ad un muro che non si può valicare. Solo gli ispanici sembrano un po' più scanzonati, in qualche modo si risolverà. Una biondina dell'est, si guarda attorno smarrita e chiede alla folla rabbiosa: "Ma non ci è informazione?"
Viene guardata con compatimento, stringe tra le mani una busta stazzonata, volge lo sguardo qua e là come un naufrago in cerca di aiuto, poi se ne va. Un paio di flaneurs in tenuta da mare, infradito e canotte bossiane, commentano sarcasticamente spaparanzati e con le epe debordanti, sulla efficienza degli uffici pubblici e della poca voglia di lavorare dell'impiegato tipo, argomento in cui appaiono anche fisicamente molto ferrati. In realtà gli addetti sbrigano le pratiche con teutonica efficienza ed anche con una certa celerità, bisogna dire e anche se dalla gehenna antistante si sentono solo reprimende e scherno pieno di disprezzo verso la classe che rappresentano, continuano imperterriti ad avere il sorriso stampato sulla faccia rispondendo con cortesia agli sgarbatissimi approcci dei postulanti, che ad ogni passo pretendono, protestano, alzano la voce, sbattono sfogli sul bancone, alzano gli occhi al cielo come a chiamare i fulmini vendicatori dell'Olimpo. Quando bisogna mettere mano al portafoglio, non ce n'è per nessuno, è come ti strappassero un organo che non vuoi donare mentre sei ancora vigile.
Certo l'immondizia te la portano via, ma so ben io quel che succede, mischiano tutto, altro che differenziata! L'ho visto coi miei occhi e poi la lasciano lì anche 15 giorni e poi intorno è tutto sporco, ha da venì grillo o altre deità di fantasia. Con un calcolo rapido vedo che passano circa 25 persone all'ora, in un paio di orette ecco arrivare la mia chiamata. Anche se l'errore è frutto di una mia dimenticanza comunicativa, tutto si risolve, l'imprecisione è corretta facilmente, tanto a pagare c'è ancora tempo anche se la data è scaduta, tranquillo, vada alla posta col nuovo bollettino con la cifra ridotta. Meraviglia, pago meno dell'anno scorso, ma no signore, questo è solo l'acconto, il saldo arriverà a dicembre e allora non sorriderà più, caro mio, come sa il comune è in dissesto. Esco con la minaccia in essere e vado alla posta, ci sarà solo un'oretta da aspettare, ma intanto anche lì c'è l'aria condizionata e non si sta male.
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