Magazine Cultura

Vajont: come un sasso in un bicchiere d’acqua, oggi 9 ottobre a 50 anni dalla tragedia

Creato il 09 ottobre 2013 da Alessiamocci

Cinquant’anni sono trascorsi da quel maledetto 9 ottobre 1963, quando l’esondazione della diga del Vajont spazzò via l’intero paese di Longarone, in provincia di Belluno. Quasi 2.000 furono i morti, fra i quali 487 erano bambini.

Vajont: come un sasso in un bicchiere d’acqua, oggi 9 ottobre a 50 anni dalla tragediaAnche noi di “Oubliette Magazine” vogliamo ricordare questa immane tragedia e rendere omaggio alle vittime. Cercheremo però di cogliere, seppur nella sciagura, un messaggio positivo. Ci proponiamo infatti di parlare, attraverso le loro dirette testimonianze, di coloro che erano bambini allora, e che quella notte sopravvissero.

Erano esattamente le 22.39 quando avvenne una delle tragedie rimaste indelebili nella memoria degli italiani. Dal monte Toc si staccò una gigantesca frana che provocò l’esondazione della diga del Vajont e spazzò letteralmente dalla faccia della terra il paese di Longarone.

A loro volta, si staccarono 270 milioni di metri cubi di terra e rocce che precipitarono nell’acqua sottostante provocando un’onda di quasi 200 metri. In questi cinquant’anni, gli esperti, per spiegarci la dinamica della tragedia, hanno utilizzato l’esempio del sasso che viene lanciato nel bicchiere d’acqua, con le inevitabili conseguenze.

Vajont: come un sasso in un bicchiere d’acqua, oggi 9 ottobre a 50 anni dalla tragediaFu questo un disastro annunciato, denunciato da pochi coraggiosi giornalisti, alcuni dei quali furono anche processati in seguito, e da periti onesti che ne segnalarono invano la pericolosità. Il monte aveva già dato segni evidenti di cedimento, creando crepe profonde anche nel cemento che costituiva la diga.

In pratica, la montagna che sovrastava il paese, si stava sgretolando, ed il pericolo maggiore, era che prima di toccare il paese, avrebbe spazzato con sé la diga costruita anch’essa a dominare il centro urbano. Se qualcuno avesse ascoltato gli esperti, si sarebbero certamente potuti far evacuare i paesi a rischio, ed evitare così una strage. Invece, prevalsero opere economiche e di profitto. Oggi, la diga coi suoi 264 metri è la quinta più alta del mondo, allora, pensate, era la più alta in assoluto!

Attualmente è in disuso: nel suo bacino non c’è più acqua e un pezzo di montagna è precipitato nell’invaso. Nella sciagura morirono esattamente 1.910 persone, di cui 1458 nella sola Longarone, 111 a Codissago e Castellavazzo. Questi in provincia di Belluno. La tragedia toccò anche la provincia allora di Pordenone, oggi di Udine, mietendo 158 vittime nei paesi di Erto e Casso, più 200 morti originari di altri comuni e borghi. Vennero recuperati solo 1.500 cadaveri, e oltre la metà erano irriconoscibili. Tra le vittime 487 bambini, uccisi dalla furia della massa d’acqua e di fango che si muoveva ad una velocità pazzesca: 100 km all’ora.

Vajont: come un sasso in un bicchiere d’acqua, oggi 9 ottobre a 50 anni dalla tragediaL’evento sorprese la maggior parte della popolazione nel sonno, e per loro non vi fu scampo. La mattina del 10 ottobre, ci si ritrovò davanti una landa desolata, un paese raso al suolo. Solo un centinaio della popolazione infantile della zona si salvò, e noi oggi vogliamo accogliere le testimonianze proprio di questi bambini diventati adulti. La maestra elementare di allora, Lina Beltrame, oggi 70 anni e ventenne nel 1963, ricorda: “Quella notte ero a casa, a Castellavazzo, stavo preparando la lezione. Improvvisamente la luce elettrica è diventata come un lampo verde, poi è mancata e la casa ha cominciato a tremare… Il giorno dopo, hanno subito riaperto la scuola all’ultimo piano del Municipio di Longarone per i bambini superstiti. C’era un piccolo che continuava a stare alla finestra guardando fuori, quasi non c’era modo di catturare la sua attenzione, ipnotizzato da quello che vedeva”. Uno dei più piccoli sopravvissuti, Bruno Pradella, oggi 56 anni, allora solo 6, scolaro di prima elementare, rievocando i compagni, afferma: “Mancavano già da quasi 3 mesi e il loro ricordo diventava sempre più grande, ci toglieva il respiro”.

Loretta Losso, oggi 63 anni, afferma con tristezza: “Quella notte, in una casa sotto la nostra, moglie e marito con un bambino in braccio chiamavano aiuto, ma noi non capivamo. Poi scoprimmo che la loro casa era sparita. Stavamo al buio, spaventatissimi, abbracciati ed in silenzio assoluto. Ho perso 7 parenti a Longarone. E una cara amica”. Ottorino Olivier, oggi 63 anni:Mio padre teneva sempre sotto controllo la diga, ci pensava sempre. Quella notte non voleva farci andare a letto, i miei fratelli e me… Noi più grandi aiutavamo i volontari e i soldati a trovare i cadaveri: fui molto impressionato da un corpo che era rimasto solo un torso e Vajont: come un sasso in un bicchiere d’acqua, oggi 9 ottobre a 50 anni dalla tragediadentro vuoto, per anni ha ossessionato i miei sogni”.

Gli ex bambini del Vajont, oggi padri e madri, alcuni già nonni, ci insegnano che la vita va avanti, nonostante tutto. Essi hanno per molto tempo preferito rimuovere la sconfinata tristezza di quei ricordi. Ma un evento, nel 1997, ha scosso le loro coscienze, facendo loro considerare il dramma non più solo come una disgrazia: il monologo “Vajont- Storia di una tragedia annunciata” che l’attore Marco Paolini allestì e recitò proprio ai piedi della diga fatale, mandato in onda da Rai 2. Lo stesso che ripeteranno questo 9 ottobre, a mezzanotte.

È stato proprio guardando questo spettacolo che, chi vi parla, ha iniziato a comprendere nei dettagli, questa tragedia, appunto annunciata. È stato qui, che ho pensato con terrore, alla perdita assoluta di ogni certezza. Storie di vita quotidiana, ambientate in un paesino di montagna. Gente che va a dormire, come ogni sera, nel tepore della famiglia, e poi… un boato tremendo squarcia la terra e tutto quello che a lei appartiene. È la perdita di tutto.

La morte che ci “invade” in quella che per l’uomo dovrebbe essere una situazione di massima sicurezza, di notte, nel suo stesso letto. Ben che sia andata, alcuni hanno conservato la vita, ma tutto il resto, lasciatemelo dire, è stato inesorabilmente spazzato via.

Written by Cristina Biolcati

 Ultima foto by Cristina Biolcati


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :