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Valdadige Terradeiforti, il vino che non c’è (più)

Da Trentinowine

1 Torno su un discorso vecchio, con il quale qualche mese fa avevamo aperto questo blog. Scorrendo le tabelle pubblicate dall’analista Marco Baccaglio I numeri del Vino, mi sono soffermato sulle dimensioni della Doc Valdadige Terradeiforti in Trentino. Una Doc giovanissima, risale mi pare al 2006 o 2007, ottenuta dopo un decennio di battaglie condotte in lungo e in largo fra i corridoi del ministero, da un paio di viticoltori di razza di origine trentina: Tiziano Tomasi e Albino Armani. Si tratta di una denominazione che sta a cavallo fra il Basso Trentino e l’Alto Veronese. Sotto il cui ombrello si coltivano, in sostanza, solo due varietà autoctone a bacca rossa: Enantio e Casetta; altrimenti chiamate Lambrusco a Foglia Frastagliata e Lambrusco a Foglia (Foja) Tonda. Negli anni ottanta, occupavano il 12,5 % della superficie coltivata in Trentino. Oggi lo 0,5 %. Ma questo lo abbiamo già scritto a suo tempo. Dalle tabelle pubblicate da Baccaglio, ottenute incrociando i dati di Istat e di FederDoc, però si viene a scoprire ancora qualcosa in più. Nel 2009, le superfici viticole iscritte alla piccola Doc misuravano 6 ettari. Di cui, sempre nello stesso anno, ai fini dell’imbottigliamento ne sono stati denunciati solo 4. Stiamo parlando solo della superficie che rientra sotto i cieli del Trentino. Ma si può supporre agevolmente che anche spostandosi più a sud, sotto i cieli del Veneto, la situazione non sia tanto diversa. Anche a proposito delle quantità vinificate, la situazione non cambia: nel 2009, si legge nel post, sono stati vinificati 292 ettolitri di Valdadige Terra dei Forti, che poi significano circa 35 / 40 mila bottiglie. In sostanza siamo in linea con la percezione del fenomeno che avevamo già raccontato. Quella di questa Doc è la storia di un vitigno dal grande passato (quando ancora la Doc non c’era), dal presente inesistente, e lo dicono i numeri, e dal futuro ancora più incerto (ipotesi del trasferimento del consorzio di tutela a Bardolino). E’ la storia parabolica di un vitigno autoctono che, sulla spinta delle politiche multinazionalistiche del gusto (Pinot Grigio) promosse in primo luogo dalla cooperazione, è sparito dalle campagne del Trentino proprio mentre due personaggi di valore come Armani e Tomasi, alla fine riuscendoci, combattevano, più o meno da soli, la battaglia per la Denominazione dei loro vitigni evocatori. Già, evocatori. Ma evocatori di cosa, se la situazione oggi è questa?


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