Valhalla Rising (Pt. 1)

Creato il 06 giugno 2014 da Theobsidianmirror
In principio c'erano solo gli uomini e la natura. Gli uomini vennero portando le croci e sospinsero i pagani ai margini della terra.Di “Valhalla Rising”, in retrospettiva, mi restano soprattutto le suggestioni visive e uditive così indissolubilmente legate agli stupendi paesaggi scozzesi che fanno da sfondo alla vicenda. Mi è successo, come poche volte in precedenza, di lasciarmi ipnotizzare da quella natura evocativa e dimenticarmi quasi del filo logico della storia, e anche di me stesso. Forse perché ci sono poche distrazioni a quel flusso di immagini così potenti, viscerali da reggere quasi interamente su di sé il peso del film. Uno dei motivi per i quali molte persone non hanno apprezzato “Valhalla Rising” è la quasi totale assenza di dialoghi e la cripticità di quei pochi, eppure a me, da spettatore, la scelta appare non solo logica, ma anche l'unica davvero possibile. Se io fossi un guerriero vichingo che lotta per sopravvivere in una società tribale, alla mercé di in una natura ostile, dubito che avrei molta voglia di dissertare di filosofia (o di parlare di qualsiasi altra cosa, se è per quello. Il freddo può essere un vero deterrente per la vita sociale). Perciò sì, di film come “Valhalla Rising” nel bene e nel male non se ne vedono molti, ma non sono d'accordo con chi lo giudica solo un pretenzioso esercizio di stile. La verità è che il tema scelto da Nicolas Winding Refn (regista del successivo (e un tantino sopravvalutato) “Drive”) è abbastanza insolito e i suoi sono vichinghi atipici, perciò chi si fosse aspettato un film alla “Beowulf” inevitabilmente sarà rimasto molto deluso. Le scene di lotta e d’azione sono poche e quelle poche, benché efficaci, sono sviluppate in modo lento ed onirico, un po’ come tutto il racconto, e nonostante questo “Valhalla Rising” trova un senso proprio nella battaglia, è un film su un viaggio del destino che è dall’inizio alla fine una lotta.
La narrazione si colloca attorno all’anno 1000. Un misterioso guerriero muto, apparentemente imbattibile, viene tenuto prigioniero dal clan locale in una gabbia dalla quale esce solo per scontrarsi con altri schiavi, bestialmente, a mani nude, in combattimenti all'ultimo sangue. La notte strane visioni lo perseguitano (un sintomo di poteri paranormali o di pazzia? Non è dato saperlo, starà allo spettatore trovare la propria risposta). Un giorno, uccisi i suoi carcerieri, riesce finalmente a liberarsi. Are, lo schiavo bambino che lo accudiva, prende a seguirlo e così il ragazzino e l'uomo, ribattezzato One-Eye perché privo di un occhio, si mettono in viaggio assieme. Il ragazzino diventa la sua voce per comunicare con l’esterno. I due si uniranno ad un gruppo di vichinghi, guidati da Eirik, in partenza per una crociata in Terrasanta, e finiranno invece per trovare l’ingresso del Valhalla
Questo gruppo di guerrieri, come anime sulla barca di Caronte (tanto per attingere a una tradizione a noi cara, si fa per dire), intraprendono il loro viaggio verso una terra di morte. Il luogo dove alla fine fanno approdo non è la meta prescelta ma una terra sconosciuta, selvaggia e ostile, ma questo nulla toglie al significato della traversata, né all’irrealtà (sovrannaturalità) del suo svolgersi, verso sud (la direzione del solstizio d’inverno e dell’aldilà); un viaggio funestato da una nebbia impenetrabile e dall’assenza di onde, che l’equipaggio cerca di propiziare con un sacrificio (sventato), un viaggio interminabile tra i morsi della fame e della sete finché la barca non entra nella foce di un fiume e la coltre di nebbia non si dirada, rivelando un panorama mozzafiato. Che posto sarà mai quello? Gli uomini cominciano ad esplorare il territorio circostante alla ricerca di cibo e di risposte e incappano in un misterioso luogo di sepoltura. Mentre Eirik decide di fondare lì una nuova Gerusalemme, i suoi uomini, stremati dalla fame e desiderosi di tornare a casa, si accingono a ripartire, ma vengono attaccati da un nemico invisibile, una bellicosa tribù indigena, e si convincono di essere all'inferno. Dopotutto cos'è l'inferno, in primis, se non uno stato della mente? Il regista ci mostra degli uomini spauriti e in preda alle visioni, e i fotogrammi del film si trasformano quasi in immagini da trip di acido. Il caos prende il sopravvento e One-Eye, accusato di essere il responsabile di quanto sta accadendo, deve lottare per la propria vita. Ben presto le sue premonizioni di morte si avverano.
Nel Nord America esistono numerose località chiamate Valhalla (come Valhalla, New York, Valhalla Centre ad Alberta, in Canada, Walhalla nel Michigan, Walhalla nel Pembina County, in Nord Dakota, eccetera). E difatti, come riportato anche nella scheda IMDB, la genesi del film deriva dal ritrovamento di una pila di rune nello stato del Delaware la cui origine rimane inspiegata. Data l’assenza di evidenze storiche, come arrivarono lì è un mistero mai chiarito e il film proporrebbe quindi una possibile ipotesi. Non sono pochi però coloro che ritengono che quelle rune siano un falso; se sembra ormai assodato che i vichinghi giunsero sul continente americano in cerca di legname circa cinque secoli prima di Cristoforo Colombo, attorno all’anno 1000 (in base a quanto narrato, ad esempio, nella Saga dei Groenlandesi e in quella di Erik il Rosso), non tutti sono concordi che si siano mai spinti più a sud di Newfoundland (ovvero l’isola di Terranova, in Canada). L’insediamento di L'Anse aux Meadows a Newfoundland, databile attorno al XI secolo, potrebbe essere come anche non essere la Vinland (o Vínland, secondo un’altra etimologia) delle saghe norvegesi – del resto c’è chi ritiene Vinland una denominazione generica per un’aria molto vasta che si estendeva a sud/sudovest di Newfoundland, e tra chi invece ritiene il nome un vero e proprio toponimo non manca chi la colloca nella zona di New York o addirittura più a sud. Ma questo, in fondo, a noi poco importa. La materia è oggetto di dibattito da parte degli studiosi da molto tempo e non sarò certo io, in questa sede, a poter fornire una risposta.
Di certo se i vichinghi si insediarono in Nord America, alcuni di loro potrebbero essere rimasti in loco e essersi integrati con le popolazioni locali. Pertanto il finale di “Valhalla Rising” è del tutto plausibile: gli indigeni, non ravvisando in lui una minaccia, scelgono di non accanirsi verso l'unico superstite del gruppo di bianchi invasori (Are) e siamo liberi di immaginare che il ragazzino, nel prosieguo della storia, dopo i titoli di coda, possa essere a far parte della loro comunità. Il dubbio rimane, perché in precedenza Are aveva affermato (riportando però, o così sembra, le parole di One-Eye) che il suo destino era quello di tornare indietro, a casa sua - ma, se così fosse, perché mai rischiare la vita in un viaggio dal quale sarebbe poi ritornato, e per giunta solo? Si può dire che il suo viaggio abbia avuto uno scopo, e se sì, quale?Prima di proseguire oltre con le (possibili) conclusioni, ci sono alcune considerazioni da fare. La presenza di elementi mitologici è abbastanza evidente, ma a me sembra piuttosto che il film proponga una riflessione sul significato della vita e della lotta: non è un film religioso, “Valhalla Rising”, ma indubbiamente ha a che fare con il senso religioso, un senso religioso “primitivo” strettamente legato alla natura; violare la natura è come sfidare l’ira di dio (di qualunque dio si tratti). Oppure, la natura e dio sono la stessa cosa, perciò non contano i dogmi o i proclami, ma soltanto i sentimenti e le azioni.
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