Secondo il Comitato per la riattivazione della Centrale Enel del Mercure, erano circa una trentina di persone, quelle che si sono date appuntamento a Laino Borgo (CS) e che, nonostante l’esiguità del numero, hanno preteso di parlare a nome delle popolazioni della valle. Ma aldilà dei numeri, è il ragionamento del “no a tutto” che non convince. La centrale non rappresenta solo una possibilità per l’occupazione, ma anche un chiaro esempio di sviluppo sostenibile, in linea con le richieste della Comunità Europea e con il Protocollo di Kyoto.
In primo luogo, perché utilizzerà esclusivamente biomassa vergine, visto che la combustione di rifiuti non è tecnicamente possibile ed è anche stata esclusa categoricamente dall’iter autorizzativo (durato 10 anni).
Inoltre, la centrale si avvarrà dei migliori sistemi attualmente disponibili, i quali garantiranno un livello di emissioni irrilevante, come certificato da uno studio effettuato da un comitato tecnico scientifico indipendente. Firmato da tre illustri scienziati (Prof. Avato, Prof. Manzo e Prof. Sciacca), lo studio ha sancito scientificamente e tecnicamente l’assenza di pericoli per la salute e per l’ambiente derivanti dal funzionamento dell’impianto del Mercure.
In particolare, lo studio si è indirizzato a valutare il possibile impatto della centrale del Mercure su salute pubblica, ambiente e paesaggio. La valutazione è stata condotta rispettando criteri scientifici certi e riconosciuti a livello internazionale.
Per quanto riguarda l’ambiente, lo studio ha preso in considerazione tutti valori di emissione ed immissione dell’impianto e se ne è ricavato che essi rientrano entro quello che la legge definisce “livello critico”, cioè il livello fissato in base alle conoscenze scientifiche oltre il quale possono sussistere effetti negativi diretti su recettori quali alberi, piante, ecosistemi naturali ma non per gli esseri umani.
Per gli esseri umani, viceversa, si è fatto riferimento a limiti ancora più stringenti (dettati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) che prevedono valori di PM2,5, PM10, NO2 e SO2 calcolati per periodi medi annuali e di 24 ore. Tutti i dati analizzati risultano largamente al di sotto del limiti di sicurezza. E non solo per i valori medi, ma anche per quelli di punta.
Dallo studio, inoltre, emerge che nel territorio non sono rilevabili particolari elementi di “vulnerabilità”, ad esempio condizioni meteo-climatiche capaci di favorire accumulo e stagnazione di inquinanti o presenza di altri insediamenti industriali capaci di determinare fenomeni cumulati di inquinamento atmosferico.
Ma tutto ciò, evidentemente, per i cosiddetti “ambientalisti” non è sufficiente. La cosa non sorprende, visto che da tempo ci hanno abituati ai loro “no” ideologici e preconcetti.
Basti pensare a tutte le manifestazioni di protesta inscenate contro i parchi eolici e basate sul fatto che le pale eoliche avrebbero un impatto negativo sul panorama. Resta da capire come, secondo questi signori, sia possibile sviluppare un’energia pulita come quella eolica senza dar vita a impianti adeguati. Forse, è anche per questo che alle loro manifestazioni non partecipa più di qualche decina di persone.