Magazine Opinioni

Valutazione a pagamento delle proposte editoriali. Un bilancio a tre mesi da una scelta

Creato il 27 febbraio 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

È stata molto probabilmente la scelta di Autodafé meno condivisa dagli amici, dai sostenitori e dal pubblico in generale. Se, per altri aspetti, possiamo infatti essere stati chiamati a rispondere di scelte o azioni non efficaci, nel caso della valutazione a pagamento delle proposte editoriali il dissenso è stato, per così dire, strategico e filosofico, talora etico (almeno nelle intenzioni di chi contesta questa scelta). Tanto che è persino capitato di leggere, altrove, che i 90 euro chiesti all’aspirante autore per la valutazione della proposta configurerebbero una sorta di editoria a pagamento.
Questa tesi è davvero bizzarra, perché, come ho avuto modo di spiegare a chi l’ha sostenuta, l’editore a pagamento garantisce la pubblicazione in cambio di denaro, mentre noi in cambio di denaro garantiamo servizi proprio a chi non pubblicheremo. Come spiegai qui a suo tempo, la scelta compiuta intendeva sottolineare che la valutazione della proposta editoriale è un lavoro, e che come tale deve essere pagato; e va detto che ci ha convinto a questo passo definitivo il ricevere, e neppure raramente, richieste di valutazione in cui l’autore diceva più o meno: “siccome so che siete molto cortesi e motivate le vostre risposte, mi piacerebbe, a prescindere dal vostro interesse o meno come casa editrice, sapere cosa pensate della mia opera, quali sono i punti di forza, se può avere un mercato ecc”. Arrivati al punto in cui la cortesia diventava autorizzazione a chiedere un lavoro gratuito, abbiamo detto basta.
Rimane invece in piedi, più sensata, un’obiezione che alcuni ci hanno mosso: i 90 euro per la prima valutazione li chiedete a tutti (inclusi gli autori che potrebbero anche venire pubblicati), come se questo servizio fosse sganciato dalla selezione delle opere, mentre invece questa fase del lavoro dovrebbe, per un editore, essere una sorta di investimento sul prodotto, perciò gratuita. Chi ha mosso questa obiezione ha anche concluso: così facendo, rischiate di non ricevere proposte da autori che non vogliono pagare, e di ritrovarvi senza titoli da pubblicare. Temi su cui si può ragionare.
Una prima precisazione va fatta sul cosiddetto investimento. Qualcuno ci ha detto appunto che la cernita è investimento, come lo è per un professionista esaminare e discutere varie opportunità di lavoro, solo alcune delle quali si tradurranno in accordo; il che, ci viene detto, non significa che il tempo speso a discutere possibilità che poi non si concretizzano sia “lavoro perso”. Questo paragone sembra sensato, ma non è esatto. Perché, faccio l’esempio personale, è ben vero che da consulente editoriale io venivo contattato per diversi progetti, ne parlavo, facevo riunioni, e solo in alcuni casi tutto questo si traduceva in un incarico di lavoro; ma è vero che, una volta ottenuto l’incarico, sapevo con certezza che avrei fatto un determinato lavoro in cambio di una cifra concordata e sicura. Lo stesso, più o meno, avviene per un avvocato o un architetto, un idraulico o uno stampatore. Per la casa editrice, invece, la valutazione delle proposte non porta a individuare una sicura fonte di reddito, ma solo delle opere su cui si costruirà l’investimento effettivo (in lavoro, in costi di produzione), senza alcuna certezza su quanto si incasserà dal prodotto. In questo senso, il paragone tra un editore e un professionista non sta in piedi.
Il vero problema, però, è un altro, e vale per le aziende come per i liberi professionisti: sta nel rapporto tra il tempo investito per valutare tutte le opportunità e il numero effettivo di contratti chiusi. Per stare all’improprio paragone di cui sopra, chi offre un lavoro o un servizio non vede andare in porto tutti i contatti, e spesso deve spendere a vuoto del tempo per discutere condizioni e proporre preventivi per accordi che non si chiuderanno; ma è decisivo sapere se il rapporto tra gli incarichi contrattualizzati e i contatti finiti in nulla è di uno a uno, uno a cinque, uno a dieci o uno a cento, perché solo questo ci dice se il tempo investito è investito bene o è di fatto sprecato.
Esco dalla teoria e fornisco qualche cifra che ci riguarda. Per spiegare la nostra scelta, divido in due blocchi le oltre mille proposte ricevute e gratuitamente esaminate dalla nostra nascita: un primo blocco di 500, ricevute dall’inizio di aprile 2010 a metà febbraio 2011; un secondo blocco di 500 ricevute da metà febbraio a metà novembre 2011, quando la decisione di cambiare sistema è maturata (lascio stare le ultime, arrivate prima che ufficializzassimo il servizio a pagamento, che comunque non spostano i temini del discorso). Delle prime 500 proposte ricevute, un centinaio riguardavano opere potenzialmente interessanti; di queste, 70 si sono trasformate in richieste agli autori del manoscritto e, poi, in 20 ipotesi di contratto (non tutti firmati, ma per questioni non di merito). Del secondo gruppo, più recente, su 500 proposte solo 15 erano potenzialmente interessanti, sono stati chiesti 12 manoscritti e formulate 3 ipotesi di contratto. Il tracollo è evidente.
Preciso subito che non siamo diventati noi più severi; anzi, nella prima fase, ricevendo tante buone proposte, abbiamo forse scartato, tra i titoli potenzialmente interessanti, alcuni che non ci convincevano del tutto, mentre in tempi recenti siamo andati comunque a verificare con il manoscritto se il possibile e vago interesse trovava riscontro.
Il fatto più grave, però, è che sono andate aumentando vistosamente le proposte irricevibili perché del tutto incompatibili con la linea editoriale. Nonostante in origine il nostro progetto fosse espresso solo in termini teorici nelle pagine del sito, gli autori che ci contattavano erano, in maggioranza, in sintonia con le nostre intenzioni. Quando Autodafé ha cominciato ad avere dei libri pubblicati (e recensiti) che potevano costituire un riferimento, a discutere attraverso il blog, a spiegare la propria linea in presentazioni, interviste e interventi, sono per paradosso aumentate, fino a costituire larga maggioranza, le proposte di titoli che nulla avevano a che vedere con la riflessione sulla realtà sociale dell’Italia contemporanea.

Valutazione a pagamento delle proposte editoriali. Un bilancio a tre mesi da una scelta

Considerando che ogni proposta viene archiviata (coi suoi allegati), registrata, ripescata a tempo debito, letta, esaminata negli allegati (almeno nella sinossi, quand’anche questa sia già da sola sufficiente a chiarire la totale incompatibilità tematica), e che a ogni proposta abbiamo dato risposta scritta, il risultato è uno spreco di tempo davvero inaccettabile. Ho calcolato che per la valutazione delle proposte totalmente e chiaramente estranee al nostro progetto editoriale, nel solo 2011, sono state impiegate ore per un totale pari a oltre un mese di un lavoratore a tempo pieno.
Una situazione inaccettabile. Che, ripeto, non riguarda opere sulla cui attinenza si potrebbe discutere o opere di qualità letteraria insufficiente, ma soltanto opere che, semplicemente, non avrebbero mai dovuto essere indirizzate a Autodafé, se solo gli autori si fossero presi la briga di leggere sul sito la nostra linea editoriale e si fossero sentiti in dovere di conoscere un minimo l’editore cui indirizzavano la loro proposta.
Passando la valutazione delle proposte tra i servizi a pagamento non abbiamo certo pensato di “fare cassa”. Volevamo però, lo dico brutalmente, liberarci di tutti quegli aspiranti autori che hanno il vizio di spedire i loro lavori a chiunque, senza un discernimento e senza alcuna discriminante. E l’obiettivo, da questo punto di vista, è stato pienamente centrato.
Ciò non significa che, talvolta, non abbiamo un ripensamento dispiaciuto verso coloro che, per scelta “etica”, rifiutano a priori l’ipotesi di chiedere una valutazione a pagamento e potrebbero avere nel cassetto opere potenzialmente per noi interessanti. E, magari, non è escluso che esista qualche formula per socchiudere la nostra porta, a fronte di precise garanzie.
Anzi, io ho già qualche idea in proposito. Ma accetto anche suggerimenti.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :