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VAN GOGH E GAUGUIN #arte #pittura #espressionismo

Creato il 19 luglio 2013 da Albertomax @albertomassazza

van gogh gauguin

L’enigma della convivenza ad Arles, durata nove settimane, tra Vincent Van Gogh e Paul Gauguin, non sta affatto nel sapere se il taglio dell’orecchio sia stato la conseguenza dell’evolversi della patologia psichica di Vincent o, come recentemente è stato avanzato, di un accesso di rabbia di Paul, sfociato in una sciabolata, durante uno dei tanti scontri di quei due mesi, dovuti all’intransigenza radicale dell’olandese anche nelle diatribe più futili. Piuttosto, sta nel capire come un periodo tanto breve, in una cittadina di provincia, meridionale, periferica, tra due pittori che non godevano affatto dei favori del pubblico e della critica, abbia potuto assumere tanta rilevanza, fino a poter essere considerato l’atto di nascita ufficiale e definitivo dell’arte contemporanea.

I due si erano conosciuti l’anno prima a Parigi e da allora Vincent aveva insistentemente invitato Paul a raggiungerlo in Provenza. Il vecchio sogno di Van Gogh di realizzare una piccola repubblica della pittura, battezzata Atelier del Sud, aveva bisogno di una personalità come Gauguin per realizzarsi. Una volta creata la fratellanza artistica fra di loro, il resto sarebbe venuto da sé, come una naturale conseguenza. Gauguin, dopo essere stato in Martinica e a Pont-Aven, alla fine di ottobre del 1888 raggiunse Van Gogh ad Arles, anche per intercessione di Theo, fratello di Vincent, con il quale il pittore francese aveva appena stipulato un contratto.

La convivenza nella Casa Gialla dipinta da Van Gogh, tra due pittori al contempo simili e opposti, si rivelò ben presto in tutta la sua problematicità. La comune volontà di raggiungere forme espressive inedite, fuori dalle convenzioni accademiche, non fu sufficiente a saldare quella fratellanza tanto auspicata da Van Gogh. L’ingenua utopia dell’Atelier du Midi, nonostante il fervore entusiastico con cui veniva sostenuta da Vincent, non fece breccia nel ben più pragmatico e disincantato Paul.  Una tale mancanza di corrispondenza acuì certamente la precarietà psichica di Van Gogh, tanto da portarlo a riversare questa delusione in accessi d’ira inversamente proporzionali all’entusiasmo con cui aveva sostenuto l’utopia. Gauguin, grazie alla sua superiorità psicologica, riuscì ad arginare le intemperanze caratteriali di Vincent, fino all’episodio del taglio dell’orecchio che, comunque fosse andata effettivamente la vicenda, segnò il punto di non ritorno del breve sodalizio.

Eppure, i punti di contatto tra i due ci furono e furono molteplici. Innanzitutto, l’idiosincrasia di entrambi per la pittura accademica, la necessità di trovare strade nuove, di spogliare la loro arte da ogni convenzione, attraverso l’utilizzo del colore in senso pervasivamente antinaturalistico. In entrambi è presente un sentimento sinceramente cristiano (anche se i due provenivano da tradizioni diverse, protestante Vincent, cattolica Paul), che in Gauguin si risolve nel patetismo del Cristo Giallo, in Van Gogh nella necessità di far emergere Cristo dai volti degli umili che ritraeva, come disse anni prima del minatore del Borinage che si ristabilì grazie alle sue cure.

La chiave per capire i motivi della rapida degenerazione dei rapporti tra i due pittori sta nel diverso approccio alla pittura. Per Van Gogh, l’artista doveva avere una missione escatologica, da svolgere attraverso un’adesione totale e religiosa alla verità dell’arte; per Gauguin, lo scopo dell’arte era l’emancipazione dalle convenzioni sociali, dalla routine della vita borghese, ma in senso strettamente individualistico, scevro da implicazioni sociali. Nessuno dei due era disposto a cedere di un millimetro dalla propria posizione e, con due visioni del rapporto tra arte e vita così antitetiche, il sodalizio non poteva di certo reggere a lungo.

Al di là degli enigmi, resta il fatto che in quei due mesi ad Arles lavorarono fianco a fianco, influenzandosi vicendevolmente, i due artisti che sintetizzarono in maniera premonitrice le istanze che stanno alla base dell’arte contemporanea: la dissoluzione della forma e l’espressionismo come mezzo per raggiungere una più completa adesione alla verità in Van Gogh; la ricerca di una oggettività altra, al contempo nuova e primordiale in Gauguin.

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