Antifona d'ingresso
Dice il Signore:
“Io ho progetti di pace e non di sventura;
voi mi invocherete e io vi esaudirò,
e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi”. (Ger 29,11.12.14)
Secondo libro dei Maccabei 6,18-31.
Un
tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e
molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire
la bocca e ad ingoiare carne suina.
Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio,
sputando
il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad
allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere.
Coloro
che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della
familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in
disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi,
preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la porzione delle carni
sacrificate imposta dal re,
perché, agendo a questo modo, avrebbe
sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in nome
dell'antica amicizia che aveva con loro.
Ma egli, facendo un nobile
ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui
si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile
tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi
stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte.
"Non
è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti
giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi
stranieri,
a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi
e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così
disonore e macchia alla mia vecchiaia.
Infatti anche se ora mi
sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da
morto alle mani dell'Onnipontente.
Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età
e
lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte
prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi". Dette
queste parole, si avviò prontamente al supplizio.
Quelli che ve lo
trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione,
ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero
una pazzia.
Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i
gemiti: "Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che,
potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i
flagelli, ma nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore
di lui".
In tal modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma
alla grande maggioranza del popolo la sua morte come esempio di
generosità e ricordo di fortezza.
Salmi 3,2-3.4-5.6-7.
Signore, quanti sono i miei oppressori!
Molti contro di me insorgono.
Molti di me vanno dicendo:
"Neppure Dio lo salva!".
Ma tu, Signore, sei mia difesa,
tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.
Al Signore innalzo la mia voce
e mi risponde dal suo monte santo.
Io mi corico e mi addormento,
mi sveglio perché il Signore mi sostiene.
Non temo la moltitudine di genti
che contro di me si accampano.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 19,1-10.
Entrato in Gerico, attraversava la città.
Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,
cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «E' andato ad alloggiare da un peccatore!».
Ma
Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei
miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte
tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;
il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Meditazione del giorno
Santa Caterina da Siena (1347-1380),
terziaria domenicana, dottore della Chiesa, compatrona d'Europa
Lettera 119 al priore dei religiosi olivetani
“ Cercava di vedere quale fosse Gesù”
Le scrivo col desiderio di vederla come un buon pastore coraggioso,
che pasce e guida con zelo perfetto le pecore affidate, imitando in ciò
il dolce Maestro di verità, che ha dato la sua vita per noi, le sue
pecore smarrite fuori della via della grazia. E’ vero… non possiamo
farlo senza Dio e non possiamo possedere Dio restando sulla terra. Ma
ecco un dolce rimedio: quando il cuore è limitato e piccolo, occorre
fare come Zaccheo, che non era alto ed è salito su un albero per vedere
Dio. Il suo zelo gli ha meritato di ascoltare questa dolce parola:
“Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Dobbiamo
fare così quando siamo piccoli, quando abbiamo il cuore ristretto e
poca carità: occorre salire sull’albero della santissima croce e là
vedremo, toccheremo Dio. Troveremo lassù il fuoco della sua ineffabile
carità, l’amore che l’ha spinto fino alla vergogna della croce, che l’ha
esaltato e gli ha fatto desiderare con l’ardore della fame e della sete
l’onore del Padre e la nostra salvezza… Se lo vogliamo, se la nostra
negligenza non vi aggiunge ostacoli, salendo sull’albero della croce,
potremo compiere in noi questa parola, uscita dalla bocca della Verità:
“Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Infatti,
quando l’anima si eleva in tal modo, vede i benefici della bontà e
della potenza del Padre…, vede la clemenza e l’abbondanza dello Spirito
Santo, cioè quest’amore ineffabile che tiene Gesù appeso al legno della
croce. I chiodi o altre cose non potevano legarlo lì; non c’era che la
carità… Salite su quest’albero santissimo, dove sono i frutti maturi di
tutte le virtù che porta il corpo del Figlio di Dio; correte con ardore.
Restate nel santo e dolce amore di Dio. Dolce Gesù, Gesù amore.
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