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Vanity Zombie

Creato il 23 febbraio 2016 da Albertocapece
Foto da Vogue

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

Prima ancora di farsi sbertucciare della stampa estera con l’annuncio trionfale del completamento della Salerno Reggio Calabria, prima di metterci davanti alla sua personale unione di fatto – non dite che è contro natura  – con un Alfano, inebriato per la sua vittoria oscena, grazie alla politica del “meglio l’uovo, sia pure marcio, della gallina”,   prima ancora di far dimenticare la Sigonella di Craxi, che aveva segnato un sorprendente riscatto,  per riportarci alla Sigonella di Renzi, ginocchioni davanti all’imperatore per pulirgli gli stivali, prima ancora di trasformarsi in attacchino per riempire i muri delle città con le sue gesta, prima ancora di far nascere Marco Polo in Cina, prima ancora di cimentarsi in una delle più azzardate e puerili campagne di autopromozione, l’ormai attempato giovinastro a Palazzo Chigi in una occasione pubblica stranamente poco pubblicizzata dalle sue televisioni, ci ha regalato un’altra delle sue gemme preziose ed ineguagliabili, rivelandoci come vorrebbe l’Europa, prima di reclamare la ghigliottina della storia per gli aristocratici supponenti e incapaci e i tecnici arroganti e inefficaci, issati come spaventapasseri su troni effimeri per mettere ai margini la politica.

La vorrebbe glamour, anzi, come ha detto lui, l’ineffabile fashion victim, “affascinante e brillante”.  Come una sfilata di intimo a Santa Maria Novella, come un’ostensione della Ferrari a Piazzale Michelangelo con David opportunamente mutandato, come la nuova direttrice di Rai 3, come una serata a Ponte Vecchio con Montezemolo, come una fila all’Expo in attesa di adorare la pancetta del norcino reale, come un uovo in camicia destrutturato di Cracco.

Sarà una diversa forma di necrofilia, che probabilmente si ritrova in soggetti affetti da un istinto distruttivo, più che rottamatore, a fargli desiderare che l’augusto corpaccione in disfacimento sia ammaliante e seducente grazie al trucco sapiente dell’imbalsamatore. A farlo restare abbracciato al relitto come un irriducibile naufrago, mentre ci garantisce la crescita certa  e predica la  flessibilità sicura, quando l’unica cosa certa e sicura  è una nuova recessione, e la flessibilità viene rimandata al mittente come un’ubbia dei paesi cialtroni per esonerarsi dalle imposizioni dei padroni. A rendersi ridicolo mentre gira nel vari baracconi globali a bearsi dei fasti del Jobs Act, dell’adattamento all’italiana del bail in, della sua opera di mediazione per conservare l’Uk in Europa, ma pure del taglio alle tasse, delle elemosine periodiche ai più meritevoli in cambio di ubbidienza, del vergognoso compromesso sulla pelle dei diritti, del Valico, in attesa di fregiarsi del Ponte sullo Stretto, la cui inaugurazione potrebbe davvero coincidere con lo smantellamento dei cantieri della Salerno Reggio Calabria, anticipato invece da quello della Costituzione, dalla rappresentanza, della partecipazione e della democrazia.

Il fatto è che molte carriere sono nate sulle spoglie dei morti. Lui spera succeda a lui e è successo all’Europa unita, sorta sui milioni di cadaveri delle guerre del secolo – fino ad oggi – più insanguinato, ancorché breve, ma che probabilmente invece minaccia di rompersi sotto il peso di migliaia a migliaia di profughi annegati, a conferma che quei vincoli  patti erano una finzione retorica, disegnata da una élite che alla coesione sociale fondata sull’eguaglianza, sul riscatto dallo sfruttamento, sull’eclissi delle logiche del profitto e dell’avidità, preferiva i patti tra i grandi, l’omogeneità formale delle politiche economiche rinsaldate da un moneta e da nodi scorsoi implacabili, pensati dai forti ai danni dei deboli.

Ha capito che per la sua sopravvivenza, che auspica sancita da un referendum promozionale, gli conviene galleggiare a Bruxelles, prono a inchini e signorsì, mentre dfa lo sbruffone in patria, parla al cuore e alle coscienze contro i muri austrici, avendo alzati tutti quelli possibili e insormontabili contro il terzo mondo interno e i suoi diritti, avendo cancellato il lavoro, quello degli italiani e di chi arrivando qui sperava di affrancarsi da fame, guerra, paura, avendo tenuto un atteggiamento intermittente rispetto alla partecipazione alle guerre del grande padrone, placando a partole i bollenti spiriti della generalessa e dei suoi colonnelli, ma dando in comodato sottobanco  territorio, uomini, quattrini per comprare armi e aerei taroccate e per armare droni, in modo da andare in battaglia senza che lo si sappia, nemmeno il parlamento tenuto prudentemente all’oscuro anche nelle missioni svolte da marò come vigilantes e guardie private in difesa dei viaggi opachi di navi commerciali.

Pare che la ruota della fortuna giri in senso contrario per il suo eroe. Dentro casa, escono allo scoperta nuovi detrattori, recenti delusi, dissidenti dell’ultima ora: ex premier, magistrati, gente per bene. In Europa i governucci dei fedelissimi di Berlino sono stati via via soffocati dall’abbraccio fatale, prima Samaras e poi Passos Coelho in Portogallo, e Rajoy in Spagna. Qualcuno deve averglielo detto, si sa l’uomo è indaffarato, così in patria e fuori ha deciso di rubare un po’ la scena agli eurocritici, di salvaguardarsi almeno verbalmente dal rischio che la definitiva trasformazione dell’Italia in colonia travolga anche lui “è un fatto, ha detto in una intervista,  che i governi che si sono esposti in prima linea come fedeli alleati della politica del rigore senza crescita ne sono usciti sconfitti”.

Ma non sarei così sicura che il suo recente scalpitare, rialzare la testa, distinguersi, prendere le distanze non sia oltre che tollerato, guardato con simpatia dagli avvoltoi, dagli squali, da quel bestiario che lavora per consolidare il golpe dell’imperialismo finanziario, cancellando stati, popoli e la loro sovranità. In fondo, anche mentre cadeva il Terzo Reich sponsorizzava  le canaglie che erano state al suo servizio e ricompensava i kapò.


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