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Da Malvino
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Non so se sia ancora in catalogo, ad ogni buon modo ve lo consiglio perché si tratta di un libro eccezionale. Parlo de Il cono d’ombra di Franco Bandini (SugarCo, 1990), una minuziosa disamina dell’intricatissimo groviglio dei servizi segreti italiani, sovietici, tedeschi, inglesi e francesi nel quale venne a incastrarsi l’assassinio dei fratelli Rosselli, nel 1937. Per chi ha letto Vita di Carlo Rosselli di Aldo Garosci (Vallecchi, 1973) sarà un duro colpo sollevare il velo della leggenda e Il conformista di Moravia sembrerà d’un tratto un manualetto di disinformazione sul fascismo.
Un’altra lettura che consiglio è quella di un libricino che raccoglie i contributi di Donatella Di Cesare, Fabio Milazzo, Laura Cervellione, Corrado Ocone, Lorenzo Magnani e Simone Regazzoni sul Manifesto del nuovo realismo di Maurizio Ferraris: Il nuovo realismo è un populismo (il melangolo, 2013). Una stroncatura senza possibilità di appello. Bene, fanculo a Ferraris.
La rivolta del vescovo Lefebvre di Ugo Ronfani (Pan Ed., 1977) contiene in versione pressoché integrale il discorso che l’«antipapa di Ecône» tenne l’anno prima nel Palazzo dello Sport di Lilla e che segnò la rottura con Roma. È un riandare alla fonte primigenia di una querelle che si è trascinata per decenni e che ora pare segnare una rottura definitiva tra la Santa Sede e la Comunità Sacerdotale S. Pio X. Ho più volte scritto su queste pagine che le basi del dissenso fossero insanabili e che il tentativo di ricomposizione dello scisma voluto da Joseph Ratzinger fosse disperato: il discorso di Lefebvre, che fin qui conoscevo solo in stralci, avrebbe dovuto scoraggiare chiunque. 
Dopo aver chiuso un post nel quale ho espresso un’opinione divergente dal comune sentire, per quanto possa essere sereno riguardo a ciò che ho scritto, torno spesso ad approfondire. Così è stato per ciò che ho scritto riguardo alla Liberazione di San Pietro di Raffaello e così sono arrivato alla monografia di Luigi Serra (Utet, 1941), che, anche se non tocca il punto relativo alla velatura in calce sulla quale mi sono intrattenuto, conferma l’impressione irriverente da me confessata: l’arte di Raffaello è innanzitutto artigianato. Serra non si è esprime proprio in questi termini, ma – come per il Caravaggiodi Bernard Berenson – fa piacere accostarsi a un critico che guarda l’opera senza farsi accecare dalla fama dell’autore.
Mi scrive monsignor *** chiedendomi la rimozione di un post del 2007. Senza arroganza, senza neppure un’ombra di minaccia. Sua Eccellenza si era dichiarato gay ai microfoni di un cronista de La7, per fare repentina marcia indietro: «Sono stato un grande ingenuo – disse allora – forse ho peccato di superficialità. Il ragazzo di La7 è veramente entrato nel mio studio, il personaggio ripreso sono io. Non contesto le riprese e le evidenze, è tutto vero. Ma io non sono gay, volevo scrivere un libro, una ricerca sul problema dell’omosessualità tra i preti, dunque mi sono messo su Internet e ho cercato siti gay, ho contattato quel ragazzo ed è venuto da me. Fatto sta che la televisione ha carpito la mia buona fede: in sostanza era solo un esperimento, uno studio sul tema, e io sono caduto, ma spiegherò tutto ai miei superiori». Non dev’esserci riuscito e ora cerca di cancellare sul web le tracce di quella vicenda. Mi ha fatto una così struggente tenerezza che l’ho accontentato.
Come tutti i bimbi della sua età, anche il mio Michele adora l’effetto che fa una cosa che cadendo si rompe. Ovviamente gli si fa presente che «non si fa», ma non ha trovato difficoltà ad escogitare uno stratagemma che a me pare si offra come un esemplare filogenesi della morale. Aspetta che ti volti, si assicura che non stai guardando, getta a terra la cosa e, appena ti rigiri per constatare il danno, si mette le mani in testa e cominciare a camminare avanti e indietro lamentando: «Oooooh!». Come a dire: che peccato, che disgrazia, che guaio, che sventura. Lui non c’entra, tutta fatalità.
Ho sentito Roberto Calderoli al Senato. Di gran lunga più dignitoso di chi ne ha preso le difese. Prezioso volumetto, quello di Gennaro Cesaro (Benedetto Croce in pace, in guerra e in amore - Bastogi, 2012). Raccoglie testimonianze coeve e postume, anche prossime al pettegolezzo, che illustrano a meraviglia la personalità del «Padre Pio di Palazzo Filomarino» e dicono del crocianesimo più di quanto ne dica l’opera di Croce. 

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