Michele mi segnala che oggi è la giornata mondiale della poesia. Dovrei scrivere qualcosa ma di poesia contemporanea sono sinceramente ignorante. Faccio fatica a trovare un autore che mi appassioni. Dirò solo che secondo me lui è il poeta della nostra generazione. Ogni tanto lo invidio.
Ieri mi è stato ricordato un fatto che regolarmente rimuovo, cioè che a Villesse (GO) verrà costruito il centro commerciale più grande del Nord Est: 90mila metri quadri, 4200 posti auto, 175 negozi. Si sentiva la mancanza, in regione, di un centro commerciale. Ce n’è così pochi! Ringraziate Ikea. Per inciso: io odio Ikea. Non posso non odiare un posto che trasforma la campagna in capannoni + cemento e poi ti costringe a vagarci dentro seguendo un percorso deciso da chissà chi chissà dove, come se tu fossi una pallina non un essere umano dotato di capacità di decidere e di volere. Penso anche che la roba che vende Ikea non sia fatta per durare. Inoltre: qualsiasi cosa vi serva per la vostra casa, qualcuno vorrebbe regalarvela o vendervela a poco prezzo, pur di liberarsene, basta cercare. Ho visto mia madre cercare qualcuno a cui dare i suoi mobili in ottimo stato, anche gratis, e non trovarlo. Eppure tutti vanno a spendere soldi da Ikea (mi si obietta: se devi arredare la casa e non sei ricco, è l’ideale. Capisco. Però io ho un’altra visione. So che mia nonna, che non era povera, usò dei sedili di automobile come poltrone finché non potè comprarsi delle poltrone vere. Per dire..)
Comunque, sempre ieri un amico mi ha chiesto di scrivere un post sulle aperture domenicali. Quando gli ho detto cosa ne penso mi ha guardato malissimo, credo si aspettasse tutt’altro. A breve dirò cosa penso. Intanto: ammetto di non aver seguito nei dettagli l’attuale dibattito sull’articolo 18, perché, come per le aperture domenicali, penso che l’analisi debba essere spostata a un livello più alto e più ampio. Immagino che sia un problema reale per molte persone, però secondo me non si può sempre giocare in difesa, aggrapparsi a quello che si ha senza mettere in discussione l’intero sistema economico e del lavoro in cui ci troviamo, senza proporre qualcosa di veramente rivoluzionario.
Detto ciò, a quanto pare sta passando il messaggio che l’articolo 18 impedisce alle imprese di liberarsi di lavoratori che non servono e non si possono pagare. Questo mi è stato detto da una persona che guarda molta tv. Sono andata a leggere. L’articolo 18 stabilisce la dimensione delle aziende alle quali non è possibile licenziare un lavoratore senza giusta causa o giustificato motivo. Nell’art. 2119 del codice civile c’è il riferimento alla giusta causa. Trovare esempi è un po’ complicato, comunque nella prassi si riferisce a gravi comportamenti del lavoratore. Il giustificato motivo invece, se è soggettivo si riferisce di nuovo a scorrettezze del lavoratore, se oggettivo “é determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.” Quindi la legge dice che, se puoi dimostrare che non hai bisogno del lavoratore per motivi produttivi o economici, puoi licenziarlo.
Come ho detto, penso che chi si occupa di lavoro dovrebbe puntare più in alto e abbandonare categorie appartenenti al passato, come restrizioni sul numero di lavoratori, o il terrore di perdere il posto dovuto alla totale assenza di altre prospettive. Non è facile lo so, e non sono tra quelli che trovano il posto fisso fuori moda. Per molti è una necessità. Ma bisogna guardare oltre, alla riduzione dei consumi e delle ore di lavoro, all’autoproduzione, alla gratuità di servizi pubblici essenziali quali la sanità, alla solidarietà spontanea, alle alternative al ricatto: o lavoro dipendente, o fame.