La comicità non serve sempre e solo a far ridere, ma anche a riflettere ridendo. E' quello che accade con Doug Stanhope, cabarettista e attore che en.wikipedia definisce, a ragione, abrasivo. In questo suo pezzo molto ruvido, sottotitolato da quelli di Comedy Subs, ci illustra il diverso atteggiamento che abbiamo nei confronti dei differenti tipi di razzismo: dall'indignazione politically correct nei confronti dell'intolleranza razziale all'indifferenza, o quasi, riguardo a quella forma di larvato razzismo presente, per esempio, nell'atteggiamento nei confronti della bruttezza o della deformità fisica. Alle volte non è nemmeno un comportamento studiato quanto piuttosto una risposta quasi automatica, in assenza di una forte pressione dell'opinione pubblica che ci faccia riflettere. Di modo che se, per esempio, anche questa specie di razzismo verso i brutti diventasse argomento di moda e venisse stigmatizzato adeguatamente, potremmo sensibilizzarcene e cambiare il nostro modo di reagire. In realtà è quello che succede con tutti i nostri comportamenti, che spesso hanno bisogno di essere indirizzati anche in età adulta, un po' come accade durante l'età pediatrica. Una cosa però potrebbe e forse dovrebbe resistere, una forma di razzismo particolare sempre in bilico tra franco insulto e indispensabile libertà di critica anche feroce: la satira.