Il fatto è che mentre fino a qualche settimana fa Tsipras era ritenuto il leader politico e Varoufakis una specie di super tecnico prestato alla causa di Syriza, oggi scopriamo che il vero leader è proprio il professore, mentre il premier annaspa pericolosamente dentro le insanabili contraddizioni “altroeuropeiste” che alla fine non possono che portare a una resa di fronte ai diktat di Bruxelles. Così ci si trova di fronte ad una inaspettata inversione del comune immaginario politico: la governance europea e la sua servile galassia mediatica, temono molto più Varoufakis , l’economista nel quale aveva probabilmente sperato di trovare un complice, che non il premier greco portatore ufficiale di istanze dolenti, sacrosante, drammatiche ma inserite in un orizzonte pragmatico e ideologico quanto mai confuso.
Varoufakis sa bene che immaginare la fine dell’austerità, delle svendite di beni pubblici, dei massacri sociali e dei tagli di welfare rimanendo nell’euro, ossia ancorati al peccato originale in cui è incorsa l’Europa un quarto di secolo fa, è una contraddizione in termini, un chiedere la moglie ubriaca e la botte piena senza poi sapere come far stare insieme le due cose: se tutto questo ha un significato dal punto di vista del consenso di opinioni pubbliche disorientate e dominate dalla paura, ferme come muli sull’orlo del precipizio, sul piano concreto vale quanto il peso dell’aria.
Probabilmente, secondo un azimut politico stantio, Varoufakis è teoricamente molto meno a sinistra dei suoi sostituti nella squadra di negoziatori e in quella dei supervisori, ma sa alcune cose certe: che la Grecia, come del resto qualunque Paese è condannato al declino economico e all’involuzione sociale e civile senza un’efficace redistribuzione del reddito; che tale redistribuzione tocca allo stato e dunque alla politica, visto che il dio mercato, spregiatore di qualsiasi uguaglianza, si è rivelato contrario e inadeguato a farlo; che il giro di boa rispetto alla direzione imposta dal neo liberismo che ha titanizzato il continente, non può essere compiuto preservando a priori e per principio preso gli strumenti monetari e normativi che sono stati la premessa della lotta di classe al contrario.
E’ semplice, ma pare inarrivabile per certe sinistre che sono abbarbicate al passato come coralli e credono ormai più al loro nemico che a se stesse. Infatti chi sostituisce Varoufakis ha già fatto giuramento sull’euro e dunque di sottomissione alle logiche che dovrebbe contrastare. Buon per lui che verrà accolto dall’augusto consesso di cialtroni continentali con benevolenza pur dichiarandosi non si sa bene a che titolo marxista, forse nel senso di Groucho. Però non c’è dubbio che ormai sia Varoufakis il polo di attrazione della politica continentale che non si arrende: il “dilettante” contro i professionisti del massacro .