Come al solito, al racconto della favola facciamo seguire una possibile interpretazione psicologica.
La storia di Vassilissa affronta in sé diversi temi. Innanzitutto il tema del passaggio evolutivo: la figlia diventa adulta attraverso la morte simbolica della madre vigilante e protettiva. La morte del genitore consente la nascita di una nuova donna: la giovane dovrà così imparare a contare sulle proprie forze e sul proprio intuito per superare le difficoltà della vita. E’ un momento di vera e propria iniziazione attraverso: il pulcino impara a volare e può così allontanarsi dal nido. Ma per imparare a volare è indispensabile avere un genitore sì amoroso ma anche determinato ed esigente. Scrisse Guillaume Apollinaire: “Li portammo sull’orlo del baratro e ordinammo loro di volare. Resistevano. Volate dicemmo. Continuavano a opporre resistenza. Li spingemmo oltre il bordo. E volarono”.
Alla morte della madre, Vassilissa si trova ad avere a che fare con la matrigna e le sorellastre cattive che cominciano a renderle la vita impossibile. La fanciulla imparerà sulla propria pelle che essere remissiva, gentile e accondiscendente non le renderà l’esistenza più facile (essere schiava non migliora affatto la sua condizione). Imparerà anche a gestire le terribili parenti acquisite, simbolo dei conflitti interiori di ognuno di noi ma anche delle difficoltà che la vita pone sul nostro cammino. E Vassilissa si addentrerà nell’oscurità del bosco portando con sé gli insegnamenti trasmessi dalla madre, rappresentati dalla bambola. Essa rappresenta anche la forza istintuale che è in ognuno di noi e che ci guida quando siamo in preda alla confusione e ci sembra di non vedere una via d’uscita. E’ l’intuito che va nutrito, alimentato.
Ma cosa dare all’intuito perché sia ben nutrito e pronto a rispondere alle nostre richieste di esaminare quel che ci circonda? Lo si nutre di vita ascoltandolo. A che vale una voce se nessun orecchio la intende?
Vassilissa, nell’oscurità della foresta, si appresta ad incontrare la terribile Baba Jaga. Ma di chi si tratta? E’ una temibile strega che rappresenta il selvaggio, la vita e la morte ed è per questo che fa paura. Minaccia ma è giusta e non fa del male a Vassilissa perché lei riesce a conquistare il suo rispetto. La fanciulla non si mostra aggressiva né troppo ossequiosa o gentile. Appare semplicemente per quello che è. In questo modo dimostra che essere forti non significa avere muscoli possenti ma andare incontro alle oscurità della Vita senza fuggire ma imparando e accettando quanto ci viene incontro. Rimanendo in piedi e semplicemente vivendo.
Vassilissa chiede il fuoco. La fiamma dà luce. La luce permette di vedere attraverso il buio. La fanciulla torna a casa con una nuova consapevolezza: è riuscita a separarsi da una madre troppo protettiva e ha imparato ad aspettarsi dal mondo esterno avversità che saprà affrontare con una forza nuova.
Lo stesso vale per ognuno di noi: affrontare una situazione particolarmente difficile permette di rivedere la propria vita sotto una nuova diversa. E questa luce non è indulgente perché ci fa vedere chiaramente tutte le sfaccettature non solo della nostra personalità ma anche di quella degli altri. Quello che vediamo può non piacerci ed essere doloroso.
Lasciar morire le cose è il tema della fine del racconto. Il teschio infuocato incenerisce la matrigna e le sorellastre. Vassilissa non si scompone, non urla, non si agita. Ha imparato bene la lezione: muoia quel che deve morire. Ci sono situazioni e relazioni che non possono rimanere in vita e a volte è più semplice mettere a tacere l’istinto facendo finta di nulla. Sviluppare l’intuito e la consapevolezza vuol dire accettare quando è il tempo della vita e quando è il tempo della morte. Magari cerchiamo di ingannare noi stesse per vari motivi, ma sappiamo.
Alla luce del teschio fiammeggiante, sappiamo.
Fonte: Clarissa Pinkola Estés – Donne che corrono coi lupi – Milano, 2013 Frassinelli