Negli ultimi giorni sono piovute parecchie critiche alla “benedizione” del nucleare da parte del Vaticano. Non si tratta di una novità:già a inizio anno, dopo la distribuzione dell’opuscolo intitolato Energia per il futuro, in cui la Chiesa dava il suo appoggio all’utilizzo del nucleare a scopi pacifici, gli antinuclearisti si erano fatti sentire.
Ma, mi chiedo, ci si è mai soffermati sui motivi del consenso cattolico all’atomo? Qualche mese fa, a margine della conferenza generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Ettore Balestrero, sottosegretario di Stato vaticano per i rapporti con gli Stati, sosteneva che il nucleare può contribuire “a una soluzione pacifica dei problemi dell’umanità”.
Diverse le ragioni: innanzitutto l’energia atomica non è utilizzata solo per la produzione di elettricità, ma anche per i rifornimenti di acqua potabile e la produzione di raccolti più resistenti e utili nei climi aridi. Ragioni non di poco conto, se si pensa alla situazione di tanti paesi in via di sviluppo.
A questo proposito, bisogna ricordare anche il grande contributo del nucleare alla diagnosi e alla cura delle malattie: “La radioterapia – ha affermato Balestrero – è uno dei trattamenti fondamentali contro il cancro e sarebbe di grande aiuto a più del 50% dei pazienti, da sola o insieme alla chirurgia o alla chemioterapia”. Per questo il Vaticano è favorevole ai programmi dell’IAEA sul cancro e sta
premendo perché si sviluppino standard comuni sull’utilizzo della medicina nucleare.
Mi sembrano ragioni più che sufficienti per affermare che si tratta di una scelta consapevole e non, come sostengono gli antinuclearisti, una presa di posizione nella tutela di interessi personali.