La serie animata per bambini Pingu è stato scritta da un tedesco ma realizzata e prodotta dagli svedesi. Credevo che la lingua parlata dal pinguino fosse lo svedese. Invece no, è il pinguinese e per questa informazione devo ringraziare -prima volta in assoluto che lo faccio e, presumibilmente, ultima- Wikipedia.
La lingua che parlano il piccolo pinguino e i vari personaggi della serie è quindi frutto della mente di tale Otmar Gutmann, regista tedesco che ha così pensato un prodotto facilmente distribuibile per l’azzeramento dei costi di doppiaggio e altresì adatto al pubblico dei piccoli. Non esistendo dialoghi, difatti, il bambino è spinto a un interessante sforzo immaginativo, nonché a una maggiore concentrazione finalizzata a seguire con attenzione ciò che accade sullo schermo e come la storia si sviluppa.
La serie è realizzata con la tecnica della stop-motion qui nella sua variante clay-motion, i personaggi sono composti di plastilina così come parte della ambientazioni.
Pingu ha una sorellina, Pinga, che non sopportavo proprio. I personaggi erano scelti appositamente per ricreare semplici situazioni della vita di un bambino senza riproporre direttamente con figure umane le vicende ma utilizzando come schermatura l’immagine di una famiglia di pinguini: per il piccolo questa forma di transfert (se così la si può chiamare) è davvero importante e lo aiuta a somatizzare più velocemente certi piccoli dispiaceri e certe turbe tipiche dell’infanzia.
Una seria davvero ben fatta, che ancora oggi non stanca e che è mille volte meglio di quelle brutture in un pessimo 3D con storie banali proposte a rotazione dalle reti dedicate ai bambini.