Continuiamo il nostro viaggio nel mondo degli ammortizzatori sociali. Oggi vi parleremo dell'indennità di mobilità, un sistema che, a differenza del sussidio di disoccupazione (riformato con l'Aspi) e della cassa integrazione guadagni (rimasta sostanzialmente invariata), sparirà, grazie alla riforma Fornero, entro il 2017. Un gran peccato, perchè bisogna sottolineare come questo sistema non sia solo uno strumento per dar un sostegno a chi ha perso il lavoro, ma serva anche per favorire il reinserimento del licenziato nel mondo del lavoro: questo avviene grazie al fatto che le aziende, che assumono persone iscritte alle liste di mobilità, possono contare su notevoli vantaggi fiscali, da parte dello Stato. Ma vediamo, nel concreto, come funziona.
Innanzitutto, l'indennità non spetta a tutti i lavoratori di tutte le aziende, ma solo a coloro che hanno la qualifica di impiegato, quadro e operaio di aziende che operano nell'industria (imprese con più di 15 dipendenti nell'ultimo semestre di attività), nel commercio (più di 50 dipendenti nell'ultimo semestre), nell'artigianato dell'indotto (cioè quelle imprese artigiane che lavorano per altre imprese committenti e solo nel caso in cui lo stesso committente abbia fatto ricorso alla mobilità), nel turismo (più di 50 dipendenti nell'ultimo semestre), nella vigilanza (più di 15 dipendenti nell'ultimo semestre) e nel trasporto aereo (nessun limite di dipendenti). Inoltre, possono far ricorso alla procedura, solo quelle imprese che, a causa di crisi del mercato, di riorganizzazione aziendale o di cessazione dell'attività, hanno già usufruito ed esaurito la cassa integrazione.
Sostanzialmente, l'azienda fa il primo passo: esaurita la cassa integrazione, il datore di lavoro presenta richiesta di mobilità, informandone i sindacati e gli Uffici per il Lavoro, indicando i dipendenti che ne vengono investiti. Questi ultimi, vengono così iscritti nelle liste di mobilità e possono far richiesta di indennità, direttamente online sul sito dell'INPS, tramite i Centri per l'Impiego o gli uffici di patronato. La procedura, per la domanda online, è la stessa del sussidio di disoccupazione: occorre fare iscrizione al sito, richiedere il PIN e convertirlo in dispositivo; dopodichè basta collegarsi alla sezione Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito, selezionare mobilità e cominciare la procedura di compilazione del form. Se la domanda viene accettata, si incassa il 100% della somma che veniva percepita con la cassa integrazione nei primi 12 mesi; dal 13 mese in poi si cala all'80% di tale somma. La durata della mobilità è di 12 mesi per i lavoratori con meno di 40 anni (24 mesi nel caso di licenziamento in azienda del Sud), 24 mesi per i lavoratori di età compresa tra i 40 e i 50 (36 mesi al Sud), 36 mesi per gli over 50 (48 mesi al Sud). L'erogazione dell'indennità finisce quando vengono raggiunti i termini temporali del sussidio, quando si trova un nuovo lavoro, quando si raggiunge l'età pensionabile.
Esistono diversi tipi di mobilità: i più conosciuti e utilizzati sono la mobilità ordinaria (quella sopra descritta), la mobilità lunga (è la procedura che permette di prolungare la mobilità ordinaria, per consentire al licenziato di raggiungere il pensionamento; è molto usata nelle aziende che, con le ristrutturazioni, tendono a creare degli scivoli alla pensione per i più anziani), la mobilità anticipata (il dipendente, messo in mobilità e che desidera aprire una propria attività, può chiedere il versamento una tantum della somma che gli spetta, per dare inizio alla sua attività imprenditoriale) e la mobilità in deroga (indennità che spetta a tutti i lavoratori che non rientrano nelle categorie sopra indicate o che, in base a determinati accordi a livello territoriale, possono usufruire di un prolungamento della mobilità ordinaria). Il sistema non è certo perfetto, ma la sua utilità è indiscutibile: favorisce il reinserimento al lavoro (grazie agli sgravi fiscali alle aziende che assumono i lavoratori in mobilità) e l'imprenditorialità (con la mobilità anticipata) e, soprattutto, aiuta a creare scivoli verso la pensione per quei lavoratori che, ritenuti troppo vecchi, difficilmente, soprattutto di questi tempi, potrebbero reinserirsi nel mondo del lavoro. Come dicevamo, un vero peccato la sua cancellazione.