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Vecchio Pleyel

Creato il 31 gennaio 2011 da Pioggiadinote

Vecchio PleyelLa mia bisnonna era donna di grande ingegno, letterata ed anche buona pianista. Anche mia nonna e mia madre hanno studiato il pianoforte, anzi, quel pianoforte. La nonna se ne appassionò specialmente negli ultimi anni, in pensione dalle aule del liceo, e il suo lascito musicale andò direttamente a me, giovane studentessa di musica: un Pleyel verticale, che era appartenuto alla bisnonna,  un mucchio di spartiti e alcuni 33 giri. Tra gli spartiti alcuni (Brahms, Debussy) erano edizioni recenti, altri erano fatti di carta ingiallita che si sbriciolava al tatto: erano gli spartiti della bisnonna. Comprendevano il corpus delle sonate di Beethoven in un’edizione Breitkopf della fine dell”800, le sonate di Mozart altresì in un’edizione storica, l’ Otello di Verdi, la Wally di Catalani, l’Andrea Chénier e svariate raccolte di brevi pezzi d’intrattenimento comuni all’epoca.

 

Ho studiato anch’io su quello strumento dunque, mi piaceva la sua sonorità trasparente, anche se la lunga corsa dei tasti, molto leggeri, costringeva ad un’articolazione un po’ faticosa e ad un esercizio poco utile all’esecuzione sui pianoforti moderni, discendenti più dai modelli di Broadwood, Érard o Steinway, piuttosto che dai leggiadri Pleyel o dai pianoforti viennesi. 

 

Vecchio Pleyel
Perciò eccola, la bisnonna, davanti al suo adorato Pleyel. Che ancor oggi si è conservato, ormai di un nero opacizzato e consumato, con i due piccoli vassoi laterali per appoggiare  i candelieri, si trova in questa casetta, dove abbiamo trascorso molta della nostra infanzia la bisnonna, la nonna, mia madre ed io.



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