Magazine Diario personale
Sono andato a vedere “Cézanne. Les ateliers du Midi” a Palazzo Reale.Se mi gira mi documento un poco prima su ciò che andrò a vedere. Altrimenti, se sono in giornata, mi leggo i pannelli esplicativi nelle sale. Ma non necessariamente. I romanzi non hanno immagini esplicative, l'arte dei quadri non dovrebbe aver bisogno della balia asciutta delle parole. Faccio fatica a ragionarci troppo. Preferisco tuffarmi nell'emozione dell’opera.Sono invece curiosissimo delle didascalie, anno di realizzazione, titolo dell'opera, tecnica utilizzata. È un’informazione giocosa, mi piace scoprire se indovino il titolo guardando l’opera, oppure, al contrario, prefigurarmi l’opera le rare volte che lo sguardo cade prima sulla targhetta.Per i testi esplicativi, invece, devo proprio essere d’umore favorevole. In ogni caso, una volta letti, mi spoglio subito del raziocinio e mi tuffo nelle tele, con le mie sensazioni messe a nudo. Almeno, così, con i pori scoperti, qualche emozione dovrei riuscire ad assorbirla.
Sempre a vivere con l’ansia di dover capire! Provassimo un poco a sentire! Ad amare, forse.
Stranamente, come non ricordo da tanti anni, alla mostra di Cézanne ero d’umore placido. Penso abbiano contribuito al miracolo un poco i testi scritti, freschi, interessanti e privi di arroganza cerebrale, sia le opere del pittore francese, con uno stilema di armonia talmente ben studiata nel bilanciamento dei colori da essere spacciabile per spontanea.
L’ho subito preso in simpatia, leggendo queste righe nella sala d’ingresso.
Basta guardare gli autoritratti per capire al volo il carattere di Cézanne: duro, testardo, determinato. Nel fisico e nel carattere, assomiglia al profilo della montagna di Sainte-Victoire, il suo panorama preferito: ostinatamente uguale a se stessa, immobile davanti al cambiare dei tempi e delle stagioni, eppure capace di cogliere le sottili variazioni della luce, di cogliere ragioni e geometrie, di misurare con calma ogni spazio.Nella sua inscalfibile coerenza, Cézanne ha litigato con tutti: amici, letterati, pittori. Si è affacciato su Parigi, ma non l'ha amata, preferendo uno stretto e sobrio circuito di luoghi familiari; ai sigari ostentati dagli impressionisti preferisce la pazienza della pipa, ai balli popolari una partita a carte nel bar del paese, ai locali di Montmartre e ai parchi lungo la Senna una semplice casa di campagna immersa nella natura.In questa sua rocciosa solitudine fuori moda, Cézanne è certamente il più grande e consapevole pittore della sua generazione.Ha capito tutto: la luce e il colore, la forma e il disegno, la prospettiva e la libertà. Ha colto al volo il limite dell'Impressionismo, la parabola discendente di un movimento che si stava specchiando in se stesso, rischiando di non trovare sbocchi e sviluppi; ha restituito un senso profondo alla “storia dell'arte”, recuperando temi, maestri e composizioni che troppo frettolosamente venivano ritenuti sorpassati; ha anticipato in modo clamoroso i movimenti d'avanguardia del primo Novecento con dichiarazioni secche e folgoranti, ma soprattutto con quadri di una modernità sconcertante.In una vita inquadrata entro l'agiata borghesia di provincia, Cézanne costruisce praticamente da solo l'arte del XX secolo. La sua è un'intelligenza superiore, nel senso della capacità di comprendere le regole dell'arte, di smontarle una per una e di rimontarle in modo nuovo, straordinariamente efficace.Lontano dai riflettori della Ville Lumière, e solo marginalmente lambito dall'attenzione dei critici, Cézanne mantiene il profilo di un “artigiano” della pittura. Solo dopo la sua morte, quando gli viene tributata una mostra retrospettiva, giovani pittori come Picasso e Matisse capiscono il debito nei confronti di un grande maestro, anzi, nei confronti di un “classico” che dà un senso nuovo all'intero corso dell'arte moderna.
D’accordo, letto, assorbito: il colore di sfondo caratteriale l’abbiamo dato. Ora però chiudere i cervelli e aprire i recettori sensoriali. Via! Così inizio a girare per le stanze, non sto a elencare i suoi quadri, uno più bello dell’altro. Ogni tanto prendo una boccata d’aria cerebrale leggendo il pannellone della nuova sala, poi torno a immergermi in apnea tra le tele coralline del maestro di Aix-en-Provence.Evito accuratamente i mostri che si aggirano tra questi coralli d’arte pittorica: le guide museali!Possono uccidere te, le tue emozioni, il pittore e il suo sforzo creativo; sono in grado di fare un massacro con una sola frase.
Torno in superficie e leggo: Il 15 ottobre Cézanne viene sorpreso da un temporale mentre sta dipingendo all'aria aperta. Vittima di una congestione, morirà dopo una settimana di agonia, il 22 ottobre.Mi rituffo mogio mogio, sto come Nemo a far le bollicine dalla bocca spalancata con gli occhi strabuzzati davanti alla montagna Sainte-Victoire, un poco triste alla notizia della tragica morte di Cézanne.E sarei stato lì ancora per mezzora, reverenziale e grato.Se non fosse che ero talmente rapito dalla visione, da non accorgermi dell’approssimarsi di una guida con codazzo parassitario di branco pullminifero di pensionati della Val Brembana.Mentre ancora guardo il testamento artistico di Paul, una montagna di panna montata, decorata a spuma di nuvole viola e chiazzata a sprazzi di limone, assisto impotente allo scempio.Testimone oculare e uditivo.“Ed eccoci di fronte a un’altra opera di Cézanne. Cercate di cogliere la magnifica prospettiva (what’s prospettiva?!) dei tagli obliqui (tagli obliqui…) che il maestro ha saputo dare a quest’opera, sezionando (naaaa!!! non sezionarla nooooo!!! troia fottuta, noooo! come puoi sezionare un tuttuno?! qua nemmeno un apostrofo osa! e osi tu?!) la linea degli alberi nell’intersecarsi col piano dell’orizzonte. Quest’opera è anche importante perché (perché? dai, dammi una ragione per vivere, perché?) fu forse proprio mentre la dipingeva che Cézanne ci lasciò le penne.”
Buahhhh buaaaah. Ha proprio detto Ci lasciò le penne. Sigh, sob! No, per pietà, no! Morte prendimi! Non potete mettere una così a spennare Cézanne dopo avergli spaccato (pardon, sezionato) il quadro in testa!Ho bestemmiato dentro di me digrignando i denti; e mi sono allontanato. Se avessi avuto un pennello in mano le avrei restituito la cortesia, conficcandoglielo nel cuore.“Ammirate, ve ne prego, gentile comitiva da avicoltura, ammirate il fiotto rosso pulsante e schiumeggiante, guardate con quale maestria Kisciotte abbia saputo rendere questa allegoria del caldo flusso della vita che, nel suo fluire, si fa rappreso tepore che ratto s’apprende, fino ad ammutolire su un volto pallido e boccheggiante. Come dice signora? No, non è omicidio, è soltanto l’arte che incontra la vita. Alle volte capita, cari transumanti bisognosi di capire l’arte! Capita anche alla vita di lasciarci le penne quando incontra l’arte! Non è sempre il contrario. Non vincono sempre le stracazzo di fottute guide museali.”
Ah, desisto dal mettere un’immagine della montagna Saint-Victoire. Non ne ho trovata una che rendesse l’idea della bellezza dell’opera. Ma su google trovate tantissime varianti realizzate da Cézanne.Invece vi faccio vedere questa, che rende abbastanza l’originale, nonostante manchino dei magnifici riflessi dal vivo che rendono luminoso quello sfondo nero. Sono stato svariati minuti a contemplarla in silenzio, senza guide intorno che mi sbucciassero le pere.È il quadro che più mi è piaciuto; il che è strano perché le nature morte raramente mi entusiasmano.Ma non c’è troppo da ragionarci.Sarà stato il nero.
K.
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