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Ven, que la noche es serena

Creato il 24 maggio 2013 da Appnetwork

 

Senza rendercene conto siamo, facciamo parte di quella infinita platea, che assiste noiosamente ad uno spettacolo teatrale del quale conosce le battute di ogni singola comparsa, o dell’attore/ dell’attrice, principale che sia, che in quel momento sul palcoscenico recita la sua parte. Quello a cui assistiamo è un’opera pirandelliana buffa, divenuta ormai noiosamente ripetitiva, assurda allo stesso tempo.

Che noi siamo una platea oltre che nauseata, anche stanca di vedere in ogni teatro la stessa commedia è una cosa ormai certa, assodata; ma quello che non comprendiamo allo stesso tempo è che noi per assistere a questo mero spettacolo paghiamo pure un biglietto d’ingresso pure salato. Si sente in quest’aria frizzantina di maggio nascere uno strano desiderio o forse la necessità dei nostri polmoni di respirare un’altra aria fresca che ventilando ci ossigeni, ci faccia tornare a vivere cavalcando forse cavalli freschi di speranza.

Ci sono e li incontriamo per le strade di “ Cartulandia” imbonitori e saltimbanchi, funamboli, che recitando e rappresentandosi in tutte le loro forme vorrebbero incantarci e risvegliare in noi quella che un tempo arcaico si chiamava – attenzione – questi sono attori di strada in stanchevoli è gente che non molla, che conosce il loro mestiere, e sanno anche come meglio rappresentarcela questa lurida e schifosa, noiosa opera buffa.

Essi portano avanti ciò che i loro padri hanno scritto, è un copione che conoscono profondamente e in ogni sua partitura solo loro, noi no poiché siamo solo a margine e di questa, possiamo solo coglierne le sfumate verità centellinate con preziosa cadenza, quasi per diventare una cosa unica noi e loro, tutti aggrovigliati come vermi dentro un catino di terra morbida. Qualcuno indifferentemente attore o spettatore che sia, riesce a risalire il catino per rivedere la luce, magari dopo aver soffocato o stritolato chissà quanti altri vermi. Sere addietro, non ricordo io, spettatore scoglionato e deluso, ho assistito alla recita in un teatro di periferia, di un nano saltatore, il quale ancora mezzo truccato e mezzo no, recitava la sua parte con la quale cercava di spiegarci a noi presenti che lui andato ormai in pensione non è vero che ha percepito o percepisce un compenso mensile stabilito dal grande e spietato, sacrosanto,costituente, “ Emos” pari ad un misero undicimila euro mensile! Lui il piccoletto, dichiarava questa somma come se fosse la cosa più normale di “Cartulandia” ; io mi sono alzato e gli ho detto: Senti piccoletto, perché non ci provi a vivere anche tu non con un undicimila euro al mese, ma con un undicimila centesimi …. E poi magari potresti anche venircelo a dire come si possa vivere dopo in uno dei tanti teatri in cui pagato in passato hai recitato?

Era solo che un sogno, niente di tutto questo. Ma in realtà è un incubo che non fa dormire nessuno e tutti abbiamo la canotta o la maglia della salute o il pigiama matidi di sudore. E’ un incubo che fa cadere una sottile pioggia di sangue che oltre ad inumidire i muri fatiscenti di Cartulandia, li coloro ormai da tempo di rosso. Non è un rosso comunista, è sangue!

Cosa ci sarebbe da dire oltre ciò? Tanto, moltissimo, e tutto sarebbe ugualmente inutile, poiché ora quasi tutti noi spettatori intimamente aspettiamo la venuta di un messia dal futuro che faccia pulizia, e ci sazi la sete di giustizia che abbiamo e per assistere a nuovi spettacoli in cui non ci saranno differenze poiché saremmo tutti: attori e spettatori allo stesso tempo, con lo stesso biglietto prepagato per salire in treno o su un aereo…. Dipende! 



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