Dietrofront della finanziaria regionale che ha investito 4 milioni: recesso sulla quota acquisita. Perdite per oltre 15 milioni
La società si era conquistata spazio sui giornali all’inizio di quest’anno perché Veneto Sviluppo l’aveva scelta tra i suoi obiettivi di investimento: quattro milioni di euro per il 7,5% del capitale. Ebbene, a distanza di pochi mesi è già fuga: nei primi giorni di novembre si sono dimessi il consigliere di amministrazione e il presidente del collegio sindacale espressi dalla finanziaria regionale, rispettivamente Fabrizio Stella e Alberto Dalla Libera. Negli stessi giorni, partiva la comunicazione di recesso dall’investimento: Veneto Sviluppo esce da XGroup e vuole indietro i quattro milioni investiti. Gli altri soci dovranno riacquistare entro domenica 4 dicembre. Questo almeno dicono le carte.
La decisione non è frutto di «accanimento» ma a tutela dell’investimento che, va ricordato, è stato operato da una società a controllo pubblico. XGroup non avrebbe rispettato alcuni parametri di risultato economico e di comunicazione societaria che erano stati fissati con il contratto di acquisto della quota. E non è tutto. Dopo le comunicazioni di Veneto Sviluppo, è sembrato che l’ad Carlo Cotogni dovesse passare la mano mail consigliere che doveva sostituirlo o comunque affiancarlo, Stefano Chinchio, ha successivamente declinato l’invito. Ieri pomeriggio era fissata un’altra riunione del board. La situazione è delicata, come sembrano suggerire l’elevato indebitamento bancario (50 milioni di posizione finanziaria negativa) e le perdite che, nel settembre scorso, avrebbero superato i 15 milioni. La fabbrica di San Pietro Viminario è ferma, come lo è quella a Cisterna di Latina: nella prima si producono celle per il fotovoltaico, nella seconda si assemblano i pannelli destinati agli impianti solari. Gli operai sono in cassa integrazione. XGroup soffre la crisi violenta del settore, esplosa dalla primavera scorsa con i disastri del nuovo conto energia e, successivamente, con le tensioni della finanza. A questo forse si aggiungono problemi di modello industriale: è fortemente posizionata sulla parte «alta» della filiera del fotovoltaico, quella cioè della produzione di celle che è sempre più attaccata dalla concorrenza diretta dei cinesi.