L’attrice, regista e scrittrice siciliana ha presentato alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia “Via Castellana Bandiera”, suo esordio dietro la macchina da presa, tratto dall’omonimo libro scritto dalla stessa autrice e pubblicato nel 2008
Il poster del film
Occhi scuri che scrutano con curiosità, una passionalità difficile da nascondere e una particolare predisposizione per tutto ciò che è vitale e carnale: la regista teatrale, attrice e scrittrice Emma Dante è una delle figure artistiche più interessanti presenti nel panorama culturale italiano contemporaneo. Nata a Palermo e profondamente influenzata dalle contraddizioni e dai contrasti della sua terra d’origine, la Dante sono anni che, insieme alla sua compagnia teatrale, la Sud Costa Occidentale, porta in scena il sudore, la polvere e la forza delle strade siciliane. Talento poliedrico, Emma Dante ama sperimentare: passando dalla drammaturgia classica a linguaggi a volte quasi astratti, l’artista siciliana fonde il suo bagaglio culturale ai classici del passato, come ha dimostrato con la sua originale versione della Carmen di Bizet rappresentata al Teatro Alla Scala di Milano nel 2009. Non stupisce quindi che il suo desiderio di provare sempre nuovi mezzi narrativi l’abbia spinta anche dietro la macchina da presa. Un passaggio che lei stessa ha definito estremamente naturale: “Questa storia mi sembrava molto adatta per il cinema: avevo bisogno della strada, della polvere, della carnalità delle persone. Non avrei potuto farlo a teatro“.
Presentato alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, l’esordio cinematografico di Emma Dante, tratto dal suo omonimo libro Via Castellana Bandiera, pubblicato nel 2009 e vincitore del Premio Vittorini, racconta la storia di tre donne ostinate che instaurano un duello psicologico a colpi di clacson occupando una piccola strada di Palermo. Il film ha sorpreso la stampa, che l’ha subito definito un “western del Sud Italia”, definizione che l’autrice ha apprezzato: “Ho sempre sognato di fare un western: chi non vorrebbe? Quindi mi sembra una definizione pertinente“, non nascondendo una sua personale passione per l’opera di Sergio Leone: “Il cinema di Leone mi ispira molto, è un grande regista e per questo film ho approfondito il mio studio su di lui. Nel film infatti ho inserito delle citazioni al suo lavoro“.
Emma Dante a Venezia 70
Un western del sud, dicevamo: alla domanda sul perché parli costantemente della Sicilia nelle sue opere, l’autrice ha affermato: “Io in realtà volevo ambientare la storia a Begamo… No, sto scherzando. Io sono palermitana e parto sempre dalle mie radici, dalla mia storia, dalla mia lingua. Non so esattamente cosa vuol dire “raccontare il sud”: il film parla di una comunità, di un paese, di uno stato dell’essere, racconta l’Italia ma potrebbe essere anche un altro luogo. Ho voluto rappresentare uno stato particolare che caratterizza la nostra epoca: alla fine del film (SPOILER) non abbiamo voluto far vedere il precipizio e far vedere o sentire la macchina che cade per un motivo ben preciso: volevo dire che oggi noi non riusciamo a cadere, non percepiamo il precipizio, c’è una situazione stallo nella società (FINE SPOILER)".
Protagonista della pellicola è una coppia al femminile che si reca in Sicilia per un matrimonio e durante il viaggio vede messo a dura prova il proprio rapporto sentimentale; l’autrice, interrogata sull’argomento, non ha voluto sottolineare il fatto che si tratti di una coppia dello stesso sesso: “La vera strada di Via Castellana Bandiera per me è quella del finale, non quella bloccata che si vede nel film: noi oggi spesso occupiamo uno spazio e lo definiamo come nostro escludendo gli altri. Per me c’è spazio per tutti. Sono stanca di parlare di “storie di omosessuali”: per me le protagoniste sono due persone che si amano, punto. Perché dobbiamo parlare di “amore diverso” o trovare modi diversi per raccontarlo? Il personaggio più positivo del film infatti, il ragazzino, non giudica: è un personaggio illuminato, è uno che parla un’altra lingua rispetto alla famiglia di origine, è una piccola luce, una fiammella che porta speranza“.
Alba Rohrwacher a Venezia 70
Le co-protagoniste femminili, Alba Rohrwacher, che interpreta Clara, la compagna della protagonista, Rosa (la stessa Emma Dante), ed Elena Cotta, che dà volto a Samira, la granitica donna che si mette letteralmente sulla loro strada, hanno dichiarato di aver amato i propri personaggi e di essere molto felici di aver avuto la possibilità di lavorare con la Dante: “Uno dei miei desideri come attrice è sempre stato quello di poter recitare un ruolo fatto solo di sguardi“, ha detto la Cotta “e questa è stata l’occasione. Ringrazio Emma per questo. Con ruoli di questo tipo devi rinunciare agli artifici della recitazione, devi asciugare tutto per diventare semplicemente un viso. È un’esperienza irripetibile: una sfida, bellissima e forte. Ho lavorato bene in un clima straordinario, cosa che mi ha aiutato molto. Sono stata molto felice di lavorare a questo film“. Dello stesso entusiasmo Alba Rohrwacher: “Emma è una regista bravissima, è la regista del mio cuore, mi ha insegnato quasi tutto quello che provo a fare. Il “metodo Emma Dante” credo funzioni molto bene: lei fa un lavoro molto duro, in cui sei portato all’estremo e che ti fa dare molto, ma alla fine sei guidata da mani esperte. Lavorare a teatro con Emma è qualcosa di irripetibile: lei dagli attori tira fuori dei fantasmi. È capace di evocare dei fantasmi che io non sapevo di avere dentro. Lavorare con Emma è sorprendente“.
Elena Cotta a Venezia 70
A fine conferenza stampa la regista ha rivelato di essere molto affascinata dai personaggi che rivelano una mostruosità latente: “Non so come si può definire il carattere di queste donne: all’inizio sono ottuse, tenaci, ma poi cominciano a fare il punto della propria vita. Sono come il Minotauro che si guarda allo specchio e riconosce il mostro. Se non ci interroghiamo mai su noi stessi, non riusciamo mai a tirare fuori la verità, mentre se ci fermiamo di fronte a un altro che è diverso da noi la mostruosità può venire a galla. Loro sono mostruose alla fine del film: e questo mi piace. La loro mostruosità è la loro verità, è quello che non sono riuscite a dirsi fino ad ora. Nella loro mostruosità sono molto umane“. Pubblicato su BestMovie.