Tanto tuonò che piovve! Qui al Lido da una settimana non si parlava d’altro: tutti in fila per aspettare Barney’s version, additato dai soliti ‘bene informati’ come il film-evento della Mostra, quello che doveva dare lo ‘scossone’ al Concorso, e che avrebbe dovuto scombinare le carte per il Leone d’Oro (non a caso era stato programmato nell’ultimo giorno). Di conseguenza biglietti esauriti da giorni, file chilometriche degli accreditati per ottenere il ‘visto’ di entrata in Sala Grande, attesa oltre ogni misura. Risultato… una delusione tremenda!
Premetto, a scanso di equivoci, che non ho letto il famoso romanzo omonimo di Mordecai Richler da cui è tratto il film (che mi dicono essere un libro di culto, anche se in sala quelli che l’avevano letto si contavano sulle dita una mano…). E spero proprio che la versione letteraria sia effettivamente graffiante, brillante, ‘cattiva’, irriverente e non-convenzionale: lo dico perché se il registro del libro è uguale a quello del film si tratterebbe di un bluff clamoroso! Altro che cult-book!
Barney’s version è una semplice e convenzionalissima commedia romantica americana, ben fatta ma tremendamente scontata e prevedibile: è la storia di un ebreo benestante e donnaiolo, dalla vita sentimentale tumultuosa,a cui il destino riserva una vita fatta di innumerevoli alti e bassi a livello umano e professionale... Niente da dire sull'interpretazione degli attori: Paul Giamatti è perfettamente credibile e 'in parte', Dustin Hoffman è esilarante nel ruolo dell'anziano padre di Barney, così come Rosamund Pike in quello dell'amante-futura moglie.Il problema però, come detto, è che tutto si risolve in una commediola all'acqua di rose, dalla regia piatta e dal registro che non sfora mai i limiti del 'politically correct'.Sinceramente ci aspettavamo molto, molto di più.
VOTO : * *