L’unica preoccupazione, per noi cinefili, era semmai cosa aspettarsi da questo film, in quanto il Placido regista è un personaggio più double-face del dottor Jekyll, capacissimo di alternare pellicole belle e di spessore (Del Perduto Amore, Un Eroe Borghese, Romanzo Criminale) a indicibili pasticci (vedi il tremendo Ovunque Sei o l’irrisolto Il Grande Sogno). Nessun problema, invece. Vi dico subito che Vallanzasca è un buon film. Una pellicola di genere che ricorda i film ‘poliziotteschi’ italiani degli anni ’70, pieni di ritmo, sparatorie, azione e sgommate. E prima che possiate obiettare qualcosa… sappiate che in questo caso tutto ciò non è un difetto: non siamo di fronte, infatti, né a un trattato sugli anni di piombo, né a un’apologia del gangster come temevano i familiari delle vittime, ma ad un onestissimo prodotto medio che ricostruisce molto bene sia la figura del bandito che il clima dell’epoca senza perdersi in meandri storico-sociologici. Non aspettatevi, insomma, un altro Romanzo Criminale: questa è, semplicemente, la storia di un uomo che ha scelto (pur non avendone la necessità, come da lui stesso dichiarato) di stare dalla parte sbagliata.
Inutile dire che buona parte della riuscita del film va attribuita a Kim Rossi Stuart, che è grandioso nella sua intepretazione del ‘bandito più bello d’Italia’ (come Vallanzasca veniva definito all’epoca): lo ricalca perfettamente, in maniera impressionante per portamento, sguardo, fisionomia e parlata… peccato che il film sia fuori concorso, altrimenti la Coppa Volpi avrebbe già un padrone.
VOTO: * * *