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Venezia 68. ”A dangerous method”: Cronenberg soccombe dinnanzi a Freud e Jung

Creato il 04 settembre 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Venezia.68.”A dangerous method”: Cronenberg soccombe dinnanzi a  Freud e Jung

 

Casualmente e sorprendentemente, le visioni veneziane che sto prediligendo sembrano inconsapevolmente unite tra loro dal filo rosso di un discorso intorno all’essere umano, alla nascita, allo sviluppo ed all’evoluzione del suo rapporto nei confronti di questa indefinibile esperienza che è la vita. In una riflessione a cui anche il terzo autore ci introduce, nel tema da lui trattato. Chi meglio di David Cronenberg, da tempo immemore attratto dai labirintici cunicoli della mente, dagli incontrollati e deformanti effetti che la scienza e la tecnica produco o sono in grado potenzialmente di scatenare nel corpo e nella psiche umana, potrebbe addentrarsi negli albori della psicanalisi, e toccare la vita e le interrelazioni che suggellarono il controverso e ramificato sviluppo futuro delle (allora) deliranti teorie nate da Sigmund Freud?…

A Dangerous  Method, tratto dal testo teatrale di Christopher Hampton “The Talking Cure“, e ispirato al libro “A Most Dangerous Method” di John Kerr, reca in sé materiale assolutamente manipolabile in chiave asettica e da ‘incubo virale’, nel rapporto tra nevrosi, tensioni, ribellioni del nostro inconscio a pulsioni e istinti repressi.

Cronenberg focalizza l’attenzione sull’ingresso nella vita e nelle teorie freudiane di due personalità determinanti nel loro sviluppo: l’allora giovane psichiatra Carl Gustav Jung e Sabina Spielrein, dapprima paziente presa in cura da Jung e affetta da una grave forma di isteria, successivamente allieva dello stesso Jung  e sua amante, e infine, membro della Società di Psicoanalisi di Vienna. L’arrivo di Sabina e la scoperta dell’origine sessuale dei suoi disturbi nevrotici, indirizzano Jung esattamente in linea e sulla scia di Freud. Sabina comincia ad espellere, grazie ad una arcaica ‘seduta di analisi’, le sue imbriglianti e paralizzanti verità: l’eccitazione estrema causatale dalle umiliazioni cui veniva sottoposta sin da bambina, il proprio bagnarsi in preda ai colpi di vergate del padre, che riceveva nuda, quale punizione per insignificanti mancanze a cui non aveva provveduto, le generavano un insostenibile disagio e disprezzo di se stessa, sfociante in una reazione isterica feroce. Sabina percepisce sempre più chiaramente la chiave sessuale della propria nevrosi, e si lega in un solido e crescente meccanismo di transfert al giovane medico Jung, già sposato e prossimo a diventare padre. Lo psichiatra cerca il confronto con Freud, al quale rivela il caso Spielrein e dal quale riceve conferma delle sue diagnosi. Sabina è una donna colta ed intelligente, che desidera diventare un medico, e visti i progressivi miglioramenti della sua condizione, Jung la coinvolge nell’assistenza ai suoi esperimenti. Lo psichiatra percepisce lucidamente la difficoltà nel gestire un controtransfert sempre più dirompente con la sua paziente. Sabina è ancora vergine, e desidera sperimentare la sessualità nella consapevolezza che le catene spezzate della sua nevrosi le hanno donato. E vuole farlo con Jung. Lo psichiatra ne è attratto, cerca di resistere, ma l’arrivo nella sua clinica di un paziente di Freud, Otto Gross, e della casistica che si porta appresso, ossia la  propria volontà di un assoggettamento pieno ed incondizionato ai suoi istinti, gli toglie le ultime remore. Il controtransfert è totale, Jung cede al suo desiderio e si unisce a Sabina. E questo ‘errore’, oltre a rivelarsi pericoloso per la vita emotiva di Jung, sarà la molla che porterà professionalmente il giovane psichiatra a distanziarsi sempre più da una visione freudiana esclusivamente incentrata sulla sessualità e sulla scientificità dell’approccio con i problemi della psiche ed esente da qualunque componente ‘trascendentale-metafisica’ e dalla possibilità di indicare un percorso di autorealizzazione attraverso l’esame dell’inconscio.

Con un tale ‘combinato disposto’, e con un occhio cronenberghiano dietro la macchina da presa, l’aspirazione ad una composizione filmica e narrativa ‘deviata’, labirintica, incalzante, ossessiva, era il desiderio a cui mi sarei piacevolmente e completamente abbandonata, pronta a perdermi in tali tentazioni-sollecitazioni cerebrali e sessuali. Ma così non è stato. Inspiegabilmente, il regista mantiene un piano da ‘racconto in costume’ piatto e superficiale, limitandosi a momenti di astrazione asettica soltanto in poche inquadrature, dalla quali traspare il potenziale erotico della relazione tra Jung e Sabina e l’isolamento psicologico ed emotivo di Jung. Altra e fondante pecca alle ambizioni competitive di tale pellicola, la imbarazzante recitazione di Keira Knightley, incapace nel rendere qualunque caratterizzazione plausibile ad un personaggio femminile estremamente complesso e affascinante come Sabina Spielrein. Unidimensionale, a prescindere dagli stati d’animo e dagli atteggiamenti da esternare, completamente imbarazzante nella resa degli spasmi nevrotici e compulsivi, in cui ci imbattiamo da subito e che danneggiano (da subito) la credibilità del lavoro del cineasta canadese.

Maria Cera

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Scritto da il set 4 2011. Registrato sotto IN SALA, TAXI DRIVERS CONSIGLIA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione


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