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Venezia 70 – Gravity 3D

Creato il 05 settembre 2013 da Borga007

gravity-imax-posterLa prima giornata della Mostra del Cinema di Venezia culmina con la serata d’apertura nella quale, di solito, viene presentato quello che in gergo tecnico cinematografico si chiama “un filmone”. Quest’anno era il turno del film con George Clooney e Sandra Bullock, che avevo incrociato mezza giornata prima.

Quindi, uff che noia, queste star sempre tra i piedi. George e Sandra al mattino e George e Sandra alla sera. Mai un attimo di tregua. Ho capito che volete farvi fotografare da me però anche basta, eh.

Insomma, alla sera tutti sul red carpet. George arriva, la folla spinge, scatto foto alla cieca con il mio cellulare

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e butto fuori il mio quadernino del fantacalcio adattato al momento per gli autografi. Oddio, che emozione. Oddio, lo firma. Oddio oddio oddio.

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No, ma dico, stai scherzando, George? Sembra ci sia scritto Gigi. Mica l’ho chiesto a Buffon, l’autografo. Poi chi cavolo mi crede che me l’hai davvero fatto tu? Grazie per il ricordo, grazie di tutto ma ricordami di fare solo le foto la prossima volta.

Quindi, la prima sera è dedicata alla super mega iper premiere di Gravity, ultima fatica del povero Alfonso Cuaron, considerato meno di Marina Ripa di Meana nel momento dell’attraversamento del tappeto rosso. Ed essendo la super mega iper premiere, i normodotati, ovvero quelli con un biglietto normale o con un accredito simile al mio, non sono ammessi. Loro si devono “accontentare” della proiezione del giorno successivo al Palabiennale ovvero una sala enorme che, da sola, farebbe impallidire un multisala qualsiasi. Perciò, il giorno dopo, mi metto seduto, indosso gli occhialoni sempre più simili a quelli da sci e mi faccio spedire nello spazio profondo. Vai Cuaron, vai 3D. Forza, sono pronto.

Venezia 70 – Gravity 3D

“Io non so che ci faccio a Venezia. E tu?”

Io per risparmiare 8 euro e mezzo del biglietto in ottobre, credo. D’accordo, forse questo mio commento fa trasparire troppa cattiveria verso Alfonso e non è giusto. Guardando un film del genere, la prima cosa che ho provato è stata pietà per gli addetti agli effetti in computer grafica, i quali devono essere entrati in studio l’anno scorso e fatti uscire dopo minimo sei mesi. Minimo. Poi c’è il resto.

La trama. La dottoressa Stone e il pilota Kowalsky, insieme ad un terzo sfigato che si merita due inquadrature, una di spalle da lontano, realizzata tra l’altro in CGI, e un primo piano di quando è già morto e quindi con la faccia sfondata, sono nello spazio. Nel caso non si fosse capito dalla locandina. Ad un certo punto, i russi (sempre i russi, santo cielo) lanciano un missile verso un loro satellite, o una cosa del genere, riducendo erroneamente tutto in migliaia di pezzi, condannati a orbitare pericolosamente come pallottole attorno alla Terra. Ovviamente, Stone e Kowalsky vengono colpiti, la loro navetta viene distrutta e inizia una lotta per sopravvivere, per raggiungere una stazione orbitante funzionante e, alla fine, tornare sulla terraferma.

O, in sintesi, la trama di questo film è riassumibile con ”George e Sandra nello spazio”. Che, pensandoci bene, non è nemmeno male come titolo. Perchè uno dei problemi principali, se non il più grosso, è proprio questo: le star sono troppo ingombranti, troppo grandi. Così grosse che non c’è spazio per il personaggio che pare essere stato scritto perchè bisognava creare un minimo di coinvolgimento prima di buttare tutto in vacca dopo un quarto d’ora, privilegiando, in maniera comunque ottima, l’aspetto ludico della pellicola. I protagonisti hanno un background storico raffazzonatissimo e scritto in quattro e quattr’otto, veramente semplice, del quale lo spettatore non riesce ad interessarsi perchè così troppo banali e, perciò, non sufficientemente ben elaborati per essere credibili. Piccola (probabile) citazione del buon Alfonso: durante una scena, forse per omaggiare Kubrick o forse solo per simboleggiare il processo di rinascita della protagonista, troviamo una sorta di feto spaziale bullock-iano.

Insomma, il punto “personaggi” gioca a sfavore del povero Cuaron, il quale comunque riesce a consegnare un buon film di intrattenimento con una notevole regia, giocando spesso di specchi o di riflessi con il casco dei due astronauti e utilizzando sempre una modalità di ripresa totalmente fluida e “ondeggiante”che trasmette in maniera semplice ma efficace l’atmosfera spaziale. Poi Alfonso accelera quando c’è da accelerare, rallenta quando c’è da rallentare, regalandoci una regia ben curata, non fastidiosa e assolutamente spettacolare (vedi distruzione di [inserisci oggetto] in orbita).

SBADABRAM!

SBADABRAM!

Se da un lato, Cuaron prova, e nonostante tutto riesce, a portare la pagnotta a casa, dall’altro ci troviamo davanti ad un film assolutamente non originale principalmente nel tentativo di proporre una situazione del genere e, qualche volta, anche nello svolgimento della vicenda. Perchè, parliamoci chiaro, questo Gravity non è altro che un Buried al contrario: nel secondo avevamo Ryan Reynolds dentro una bara per un’ora e mezza e la pellicola si svolgeva, più o meno, in tempo reale, in questa pellicola si inverte solo l’ambientazione (da ambiente piccolo e chiuso ad ambiente enorme e sconfinato anche se ugualmente claustrofobico) e si raddoppia il cast, per accogliere queste enormi star e, probabilmente, per evitare di annoiare lo spettatore verso la metà del film, quando si ridurrebbe il tutto a conversazioni con cellulari o radiotrasmittenti tra il protagonista e altre persone. Per quanto riguarda lo svolgimento, ammetto che ci sono dei colpi di scena piuttosto buoni e con sequenze emozionanti grazie alla loro egregia costruzione, che però ora non scrivo chiaramente per non spoilerare tutto. Dico solo, che una di queste scene è quando George torna. Punto. Basta. Non dico altro, andatelo a vedere se volete.

“Sandra, cinque minuti e sono da te.”

Concludendo, posso tranquillamente affermare che Gravity è un buonissimo film di intrattenimento, un mega giocattolone con un cast enorme, anche se composto solo da due membri, che però assomiglia troppo ad un esercizio prettamente stilistico per l’esame finale di una scuola di cinema, solo con molto ma molto più budget.

Però, vaffanchiappa, a me non è dispiaciuto in fondo. Non annoia, i botti ci sono, George fa il simpaticone, qualsiasi oggetto che lievita a gravità zero va sempre, per qualche costante scientifica sconosciuta, verso la telecamera, lo spazio in 3D è figo e anche se Sandra ansima per tutta la prima metà del film, ci si diverte.

Uno a zero per Cuaron: catenaccio e partita portata a casa per questa volta, dai.



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