Anno: 2013
Distribuzione: WestEnd Films
Durata: 117′
Genere: Drammatico
Nazionalità: USA
Regia: David Gordon Green
Dopo il premio per la miglior regia vinto a Berlino con Prince Avalanche, David Gordon Green si presenta al Lido con Joe, opera stilisticamente ben fatta ma con un mood già ampiamente rivisto. Il regista pone l’accento su quella che in America viene chiamata “White Trash”, gente ai margini della società, culturalmente arretrata e dedita ad alcol e violenza. Le atmosfere ricordano lo splendido Low Tide di Minervini visto lo scorso anno Fuori Concorso e anche Killer Joe di Friedkin. Questa sensazione di calligrafismo viene attenuta dall’ottima interpretazione dei due protagonisti Joe (Nicolas Cage) e Gary (Tye Sheridan) che sono riusciti a rendere credibile l’intera storia con una complicità e intensità davvero notevoli.
Ispirato al romanzo di Larry Brown e sceneggiato da Gary Hawkins, il film narra l’incontro fra l’ex detenuto Joe e Gary, quindicenne con un padre violento con cui fare i conti, sempre in equilibrio precario, colto in un momento in cui può diventare buono o cattivo. Il suo percorso si intreccerà con la ricerca interiore di Joe verso una difficile redenzione. La tematica padre/figlio viene affrontata in modo crudo ma onesto mostrando che non sempre è una questione di sangue. Non riuscendo a cambiare la sua vita Joe cercherà di rendere migliore quella del ragazzo, prendendosi cura di lui fino alle estreme conseguenze.
In conferenza stampa Nicolas Cage ha parlato del suo modo d’intendere il mestiere dell’attore e del personaggio interpretato nel film, dichiarando: “Non mi piace il termine recitare, io nei miei personaggi cerco sempre la verità e voglio che questo venga fuori sullo schermo. Non mi sono veramente ubriacato per interpretare il personaggio ma ho cercato un punto di contatto per rendere il tutto reale. Ritengo che Joe non sia un perdente ma una persona coerente con il suo codice d’onore”.
Sicuramente un’opera che esalta il talento di Cage avvezzo a sporgersi al di fuori dei suoi confini.
Vittorio Zenardi