Magazine Cinema
Ma l'emozione più intrigante è stata quella di ieri sera, non tanto per quanto visto, quanto per chi...
Une Promesse
Io ci proverò ad essere obiettiva ma dubito già di riuscirci.
Perchè?
Perchè il protagonista dell'ultimo lavoro di Patrice Leconte presentato fuori concorso è quel gran pezzo di... ragazzo di Richard Madden.
Chi è Richard Madden?
E' niente di meno che il re del Nord, che tanto ha fatto palpitare il mio cuoricino ne Il trono di spade.
Capite quindi che vederlo in tutta la sua bellezza ammaliante su grande schermo, e in tutta la sua eleganza in sala possa aver sviato un po' i miei giudizi.
Perchè, in fondo in fondo, Une Promesse è una pellicola semplice, un film in costume su una tormentata storia d'amore che sopravviverà alla Grande Guerra arrivando a un inevitabile lieto fine alla faccia dei drammi di Downton Abbey. E film così se ne sono visti e se ne vedranno a migliaia, ma, come Philomena insegna, questi amori tormentati sono sempre belli e se la regia regala inquadrature da sogno e il cast appare quanto mai affiatato -con (anche) una bellissima Rebecca Hall e un sempre grande Alan Rickman- la visione scorre via piacevolmente.
L'IntrepidoGianni Amelio arriva a Venezia e viene accolto da fischi clamorosi dalla stampa e da applausi scroscianti dal pubblico. Questo almeno è successo nelle prime proiezioni. Io non mi sento di schierarmi con nessuno dei due partiti, piazzandomi invece nel mezzo perchè, seppur partendo da buone idee, il film risulta comunque pasticciato e confuso, soprattutto nella sua seconda parte.Il protagonista è un Antonio Albanese mattatore, uomo di mezza età che pur di uscire di casa e guadagnare qualcosa fa il rimpiazzo, ovvero sostituisce in qualunque lavoro (dal cuoco all'autista di tram, dal muratore al venditore di rose) chi se ne deve assentare per qualche ora o giorno.La sua vita prosegue così immersa in un buonismo e in un ottimismo quasi ingenui, cercando di contagiare un figlio difficile ma dal grande talento musicale, e un'amica -o qualcosa di più- che conosce per caso. Come detto però queste storie ad un certo punto finiscono per confondere, o meglio, non vengono approfondite a dovere, lasciando invece ampio spazio alla versatilità del protagonista. Il risultato è quindi qualcosa di un po' forzato, che non ha certo il suo fiore all'occhiello nelle interpretazioni, con un Albanese un po' troppo tirato e i due comprimari esordienti troppo enfatici e drammatici. Nì.
Stray DogsIl mio sentiero verso l'approfondimento del cinema orientale continua, causa altro film in concorso nella competizione ufficiale.Lo dico? Lo dico. Sono uscita dalla sala provata, irritata e appesantita dai 138 minuti che compongono l'ultimo lavoro di Tsai Ming Liang. La trama risicata e l'ennesimo film basato su un montaggio di scene quasi esclusivamente a camera fissa ha esaurito ogni mia energia e nemmeno me la sono sentita di applaudire visto che, se volete un riassunto, questo è quello che succede:
figli che girovagano per un supermercato-padre cartellone umano-madre lavora nel supermercato-padre cartellone umano-figli e padre mangiano-figli e padre si lavano-vanno a letto-madre dà da mangiare a cani abbandonati-padre cartellone umano-madre lava la figlia-padre beve-padre mangia cavolo/bambola della figlia-padre vuole scappare in barca con i figli-madre li salva-vanno a vivere insieme in una casa ammuffita-15 minuti di padre e madre che guardano nella stessa direzione.
Non sembra troppo ispirante, vero? Soprattutto se si pensa che ogni scena dura almeno 5 minuti...Sta di fatto che dopo questa iniziale orticaria, a rimanere dentro sono state le belle immagini che compongono il film, la fotografia splendida, quei dialoghi rari-la spiegazione della casa ammuffita- e quel finale che nonostante la lunghezza infinita riesce a rappresentare la battaglia emotiva che i due genitori stanno affrontando nel modo migliore.Dire che l'ho amato è troppo, ma qualcosa di notevole c'è. Oltre non posso davvero andare.
Sacro GRAQuello di Gianfranco Rosi non è propriamente un documentario, anche se la struttura ben si avvicina. Non è nemmeno un film di finzione visto che gli attori vestono i panni di loro stessi. E' un mettere insieme le vite di chi affolla e circonda il Gran Raccordo Anulare, immergendosi nel loro quotidiano e nelle loro attività. Ci troviamo così dentro un'ambulanza, a combattere il pericoloso punteruolo rosso, ai margini della strada e dentro palazzoni soffocanti assieme a un universo di personalità ironiche e geniali, tra vecchi saggi e nobili decaduti.Quello che ne esce è un altro lato di Roma, che va inevitabilmente a confrontarsi con quello da cartolina e da togliere il fiato di Sorrentino e la sua Grande Bellezza, mostrando una città dal punto di vista della sua periferia, che risulta così molto più vera e umana.Si ride quindi, e si scoprono delle persone genuine nel loro habitat naturale.
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