Anno: 2013
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 94′
Genere: Commedia/Drammatico
Nazionalità: Gran Bretagna/Francia/USA
Regia: Stephen Frears
Data di uscita: 6 Febbraio 2014
Per buona parte di critica e pubblico l’ultimo lavoro di Stephen Frears, presente in concorso a Venezia 2013, è il film più riuscito della Mostra: una storia solida, fra commozione e denuncia, interpreti di grandissima classe, uno script ‘perfetto’ nel bilanciare serietà e leggerezza, una regia ed un montaggio da cinema di prim’ordine. Tutto al posto giusto, nella giusta misura, un prodotto perfetto, in un certo senso. A questo Frears mancano solo quel graffiare e quello sguardo cinico che hanno caratterizzato tanti dei suoi film, come un sorta di marchio di fabbrica. Ma forse la maturità, dell’uomo e del regista, significano anche questo: un sottile cambio di registro, che evidenzia, senza clamore né retorica (ed il rischio era alto) punti di vista differenti, pur mantenendo una buona dose di ironia e laicità.
Basato su una storia vera, quella di Philomena Lee, una ragazza irlandese giovanissima, costretta dalle suore a dare in adozione il figlio di un casuale ‘peccato’ (non era prevista in generale, tantomeno per le ragazze, alcuna forma di educazione sessuale) a facoltosi americani senza figli, il film segue le tracce dell’ormai anziana signora la quale, aiutata nell’indagine da un ex-politico (silurato dal governo Blair) ed ex-giornalista a caccia di ‘storie di vita vissuta’, decide di partire per gli States alla ricerca del figlio Anthony, per conoscerne l’identità, la vita, la storia di bambino adottato. Da un lato aspira al suo perdono (benché la poveretta non avesse alcuna scelta dato che, per riscattare il bambino, era necessario pagare un alto prezzo in sterline), dall’altro sogna di vederne il volto, di sapere se abbia mai desiderato conoscere le sue origini, l’Irlanda, la sua vera madre. Nel ruolo della protagonista Philomena, una donna semplice ma curiosa – che legge romanzi d’appendice, ringrazia uno per uno gli addetti degli hotel e si entusiasma per tutto – una superba Judie Dench (ma diciamo la verità, lei, questa stupenda attrice britannica oggi settantottenne, è sempre ‘oltre’, non c’è film in cui la sua recitazione tagliente, dalle mille sfaccettature, non spicchi su tutte le altre), capace di rendere autentica ogni emozione del suo personaggio: la sofferenza, il dubbio, l’ansia, il ripensamento, il desiderio di verità, il perdono. La Dench ha tra l’altro potuto incontrare la vera Philomena, oggi ottantenne, e conoscere di persona la sua storia. Sarà proprio questa madre ferita e sensibile, Philomena, una volta scoperta l’oltraggiosa ingiustizia subita da lei e dal figlio (ritrovato tramite banche dati e subito perduto: una brillante carriera in politica, una morte prematura di AIDS), ad opera di suore prive di cuore e di scrupoli – che mascherano viltà, menzogna e scarsa compassione dietro ai riti formali del tè coi pasticcini – a compiere un gesto di superiorità morale, di fede autentica e nobiltà d’animo.
Steve Coogan (anche sceneggiatore, insieme a Jeff Pope, e produttore del film) non sfigura certo accanto alla Dench nel vestire i panni dell’ex giornalista della BBC, Martin Sixsmith, depresso ed amareggiato dal suo passato ed in cerca di nuova identità, che si coinvolge nel caso ‘Philomena Lee’ dapprima senza troppa convinzione, ma appassionandosi poi alla storia ed all’umanità di quest’anziana e deliziosa signora ed alle sconvolgenti rivelazioni che ne conseguono. Dietro la commedia, infatti, si nasconde il dramma di tante ragazze madri costrette dall’ala più bigotta e retrograda (oltre che crudele, nello specifico) della chiesa cattolica, qui rappresentata dalle suore irlandesi, che strappava i figli alle ragazze madri per darli in adozione in cambio di ingenti somme (tema già affrontato in altri film di ambito ‘conventuale’).
Riuscirà dunque Philomena ad equiparare o superare il successo di The Queen, con cui Frears nel 2006 ha sbancato i box-office, e mietuto premi in tutto il mondo anche grazie all’interpretazione dell’attrice Helen Mirren? I numeri ce li ha tutti, ed il film segna davvero da un lato un grande ritorno, dall’altro una nuova fase, dell’arte cinematografica di Stephen Frears.
Elisabetta Colla