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Venezia 70: pre-apertura con “Le mani sulla città” di Francesco Rosi

Creato il 12 luglio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

sdcSarà la proiezione del capolavoro di Francesco Rosi Le mani sulla città, film che si aggiudicò a Venezia il Leone d’oro 50 anni addietro, a dare il via alla tradizionale Serata di pre-apertura della 70ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, martedì 27 agosto, nel centro storico della città, presso l’Arena di Campo S. Polo.
L’opera può ora vantare un restauro digitale a cura della Cineteca Nazionale di Roma, effettuato per l’occasione e presentato in prima mondiale, il quale consentirà d’apprezzare ogni sfumatura della splendida fotografia in bianco e nero (Gianni Di Venanzo).
La kermesse cinematografica diretta da Alberto Barbera (e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta) avrà avvio il giorno dopo, al Lido, per concludersi il 7 settembre.

Francesco Rosi

Francesco Rosi

Le mani sulla città è un’opera fondamentale nella storia del cinema italiano, un film-denuncia che racconta l’intreccio tra politica e poteri economici in una Napoli devastata dalla speculazione edilizia: Rosi, con la sua tecnica semidocumentaristica, avvalorata dalla suddetta fotografia (vedi il prevalere del grigio, stile reportage, per la descrizione degli ambienti), si preoccupa di esporre i fatti con rigore e di mettere continuamente a confronto idee e posizioni politiche, senza per questo rinunciare al proprio giudizio, mantenendosi in equilibrio fra realtà e finzione, caratteristica quest’ultima dell’intera sua filmografia.
Rod Steiger

Rod Steiger

Se “I personaggi e i fatti sono immaginari, ma autentica è la realtà che li produce”, come recita una didascalia, certamente memorabile appare l’interpretazione di Rod Steiger nei panni del furbo imprenditore edile Edoardo Nottola, il quale intende piegare ai propri fini il piano regolatore della città e i cui molteplici intrallazzi vengono alla luce in seguito al crollo di un palazzo, che sembra comprometterne tanto il prestigio quanto le ambizioni di essere eletto assessore comunale all’edilizia.
Ma ecco pronta un’astuta manovra: abbandonare il partito di destra, per il quale voleva candidarsi, passare a quello di centro e, nonostante le proteste dell’opposizione, essere così eletto e poter aprire indisturbato nuovi cantieri.

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Quarto film di Rosi, scritto insieme a Raffaele La Capria, Enzo Provenzale ed E. Forcella, prodotto da Lionello Santi per la Galatea Film e dalla Societé Cinématographique Lyre, Le mani sulla città fece ottenere al regista la definitiva consacrazione, raccogliendo e rinnovando la difficile eredità del Neorealismo, quel dato cronachistico, filtrato dalla finzione drammatica, che era già presente ne La sfida,’58, Premio Speciale della Giuria proprio a Venezia, girato nel mercato ortofrutticolo di Napoli, così come nel successivo I magliari (’59, premiato a San Sebastián), mentre con Salvatore Giuliano (‘61), Orso d’argento a Berlino, darà vita ad un nuovo cinema di tipo politico, documentato e legato alla realtà più scomoda, impiegando materiale di repertorio, per uno uno stile da reportage giornalistico di rara efficacia, sempre rivolto a capire il presente anche quando parte da materiali storici.

Rosi farà ritorno alla Mostra di Venezia nel 1970, con un altro film di forte impegno civile, Uomini contro, tratto da Un anno sull’altopiano di Lussu, fornendo uno sguardo privo di retorica della prima guerra mondiale.
Il caso Mattei (’72), Palma d’oro a Cannes, segna il ritorno allo stile da reportage nella ricostruzione delle vicende del presidente dell’Eni (interpretato da Gian Maria Volonté, premiato a Cannes con una Menzione speciale), fino alla sua morte in circostanze mai chiarite, gettando una luce inquietante sulle connivenze tra potere politico e oscure trame destabilizzanti.
Il successivo Lucky Luciano (’75), nuovamente con Volonté, ricostruisce gli ultimi anni di vita che il boss trascorre in Italia portando nella tomba i suoi segreti.

ansa.it ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

ansa.it ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

In seguito, per il suo alto cinema d’impegno, Rosi si soffermò spesso su testi letterari: con Cadaveri eccellenti (’76), premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, tratto da Il contesto di Sciascia, analizzò la spirale del terrorismo e le compromissioni del potere.
Ottenne identici riconoscimenti grazie al successivo Cristo si è fermato a Eboli (’79), tratto dal romanzo omonimo di Carlo Levi, vincitore inoltre al Festival di Mosca e premiato come miglior film straniero ai Bafta, gli “Oscar” britannici.
Rosi realizzò poi Tre fratelli (’81), riflessione sugli anni di piombo (David di Donatello per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura insieme a Tonino Guerra, Nastro d’argento per la miglior regia), e Carmen (1984) dall’opera di Bizet (David di Donatello per il miglior film e la miglior regia). Seguirono, con risultati discontinui, Cronaca di una morte annunciata (’87, tratto dall’omonimo romanzo di Márquez, in Concorso a Cannes), Dimenticare Palermo (’90, scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal), e La tregua (1997) da Primo Levi, in Concorso a Cannes, David di Donatello per il miglior film e la miglior regia. Nel 2012 la Mostra di Venezia ha attribuito a Francesco Rosi il Leone d’oro alla carriera.

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