Venezia 70: “Une promesse” di Patrice Leconte (Fuori Concorso)

Creato il 04 settembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2013

Durata: 95′

Distribuzione: Officine Ubu

Genere: Drammatico/Romantico

Nazionalità: Francia, Belgio

Regia: Patrice Lecont

La prova d’amore dell’erotica romanzesca che fu

Patrice Leconte arriva al lido Fuori Concorso con una pellicola ‘d’altri tempi’. Non tanto per la collocazione storica (inizi del ‘900), quanto per la materia di cui tratta. Une promesse, nato da una novella di Stefan Zweig, ci mostra l’amore. In una chiave completamente inattuale. Nella Germania del 1912 Friedrich Zeitz (Richard Madden), giovane ingegnere di umili origini, viene assunto nell’acciaieria di Karl Hoffmeister (Alan Rickman), attempato e solido proprietario, malato di cuore. La voglia di fare del giovane viene subito messa a frutto, e attraverso piccoli e rapidi step, Friedrich raggiunge la carica di segretario personale del signor Hoffmeister. Che lo introduce fin dentro la sua casa, facendogli condividere anche la sua famiglia: la moglie Lotte (una splendida Rebecca Hall) ed il figlioletto Otto. Friedrich scopre così Lotte e la sua straordinaria sensibilità e grazia. Una bellezza non solo fisica: il portamento, l’affabilità, la vitalità, l’amore per la musica, la giovinezza… Lotte è l’antitesi di suo marito Karl, al quale è legata da un paterno affetto. Friedrich ne è immediatamente attratto. Prima come maestro di lezioni private per Otto, dopo quale coinquilino della famiglia, compagno di giochi e passeggiate con Lotte ed Otto, ha occasione di penetrare sempre più a fondo nei meandri di una condivisione invisibile e reciproca. Lotte resiste, non esteriorizzando nessun rimando emotivo, neppure quando Friedrich le confessa che non riesce più a star da solo con lei senza far finta di niente. Lotte crolla (e il crollo, emotivamente e fisicamente, è reso con tutta la tensione di un’attrazione repressa e trattenuta, nelle lacrime spezzate, stroncate da un respiro mozzato) soltanto con l’annuncio di Friedrich che spezza la catena di reciproco possesso che li aveva sin da subito portati a riconoscersi reciprocamente: “Due anni in Messico su incarico di Karl Hoffmeister, la partenza tra dieci giorni”. Si amano. E da questo momento inizia l’ ‘inattualità’. Friedrich vorrebbe possederla con tutta l’anima, ma Lotte lo trattiene: “Fermati. Non ora. Non qui”. Stop. Stop. Il vero amore esige una prova. Una promessa. Dovranno entrambi attendere due anni. L’amore vero deve superare ostacoli, deve meritare la grazia che ha toccato entrambi. E la prova sarà ancora più lunga… Arriva, inaspettata la guerra (preceduta dal decesso di Karl Hoffmeister), che dilaterà tempi e pathos: le lettere reciproche smetteranno di viaggiare oltreoceano. Lotte consumerà il suo lutto per l’amore che attende, continuando a scrivere missive che non potrà spedire. Dopo sei anni, una telefonata metterà fine alla prova. L’amore torna, imbarazzato, estraneo… Il tempo paralizza e stordisce la passione. Confuso, ma vivo e pronto a venir condiviso per sempre.

Oggi l’amore continua ad essere una grazia, riservandosi davvero a pochi eletti. Nella superficialità e smarrimento di cuore e sensi trattati per lo più, nella nostra contemporaneità, come merce di consumo, questa prova a cui non ho mai creduto quale tornasole di un reale sentimento, in Une promesse nostalgicamente brilla di una luce che ora (non paradossalmente, ma con cognizione di causa), solo in questo momento storico è capace di svelare tutto il suo fascino e il suo mistero. Une Promesse si avvale di uno sguardo che parzialmente seduce: la sinuosità della macchina da presa, che scivola, accarezza, raggiunge con grazia gli ambienti che attraversa, riproduce una sensualità trattenuta ma carica di tensione, ‘corrispondente visivo’ dello stato emotivo dei due protagonisti. Ciò che manca a questa pellicola è proprio il periodo di mezzo: l’attesa di Lotte è troppo frettolosa, temporalmente. Poco vissuta interiormente e fisicamente. Si consuma in scarne sequenze, abbastanza sterili narrativamente, neppure simboliche. Il perno della vicenda non viene vivificato, facendo perdere spessore e peso al prima e dopo. E al tutto.

Maria Cera


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