Ore 9 del mattino. Il terzo giorno, ovvero quello più fitto, comincia con un po’ di sano umorismo nero misto a violenza. Faccio la mia ennesima coda, sbadigliando, entro in sala, mi siedo e mi metto la felpa causa discutibile gestione dell’aria condizionata nelle sale. Poi mi guardo attorno: mi passano davanti agli occhi parecchi anziani e altre persone che non sembrano molto convinti di quello che stanno per vedere ma che sono venuti comunque perchè si trattava di una delle poche proiezioni disponibili di prima mattina. Fatto sta che io sono pronto e il film comincia.
La trama. Una coppia di fidanzatini salutano gli amici e si lanciano nell’avventura della loro vita: attraversare l’Australia, dormendo in tenda e facendo l’autostop. Ovviamente capitano male e trovano Mick Taylor, il nostro amico cattivone. Il ragazzo muore e la ragazza, prima di essere freddata, riesce a chiedere aiuto a un automobilista che, sfortunatamente, si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sarà l’inizio di una lunga sfida tra lui e il perverso cacciatore australiano.
Detto così sembra che sia un horror qualsiasi, con una trama banale e pochi colpi di scena. Ma la verità è che non è per niente così. Quindi andiamo per gradi e cerchiamo di capire perchè Wolf Creek 2 non è assolutamente un brutto horror ed è nettamente superiore al primo.
La storia. Notevole, per niente male. E’ originale, divertente e ben scritta. Comincia esattamente come il primo film e, ad una prima occhiata, potrebbe sembrare un punto a sfavore ma, invece, Greg Mclean, il regista, prende un inizio apparentemente banale e prevedibile per poi cambiare strada improvvisamente, prendendo in contropiede lo spettatore, uccidendo i personaggi che si credeva fossero i protagonisti. Molto Hitchcock-iano, se vogliamo buttare lì un termine costruito ad hoc per fare un po’ i fighi. Insomma, pensiamo che sia l’inizio della vicenda ma non è altro che un grosso prologo lungo 20 minuti. E questo, essendo un buon colpo di scena, è assolutamente un punto a favore. E una volta che il film cambia strada così bruscamente, assistiamo ad una pellicola totalmente diversa rispetto al precedente: se nel primo capitolo, ci si focalizzava principalmente su ambientazioni notturne e buie, tentando, probabilmente, di sfruttare un’atmosfera alla torture porn, realizzata, a mio parere, malamente a causa della presenza di pochissime scene splatter, questo secondo film contiene molta più azione, donando così una maggior dinamicità alla vicenda considerato anche le varie ambientazioni non così scontate , e una valanga di humor nero parecchio divertente. Ma, soprattutto, habemus gore.
Qui c’era sicuramente una battuta ma non la ricordo.
L’umorismo. Ce n’è parecchio rispetto ad un horror standard. Spesso si ride e spesso si rimane spiazzati dal momento in cui esso viene inserito nella vicenda. Le sequenze memorabili sono assolutamente due:
- Mick Taylor insegue, a bordo di un tir, lo sfortunato automobilista. In pieno deserto con “The Lion sleeps tonight” come colonna sonora e, improvvisamente, con un branco di canguri che attraversano la strada facendo una fine prevedibile. Il tutto culmina con Mick che esclama “Welcome to Australia, cockfucker!”. Applausi.
- L’automobilista viene catturato e Mick gli propone una sfida: se risponderà a cinque su dieci domande sull’Australia, lo lascerà libero. Ma ogni risposta errata corrisponde ad un dito in meno. Divertente.
La tensione. Anche questa è presente in buone quantità. Rispetto al primo capitolo, si riesce a presentare una serie di situazioni diverse rispetto a quelle standard di un horror canonico, e quindi assistiamo a momenti di tensione ben sviluppati in più di un’occasione (vedi la sequenza nella casa isolata della coppia di anziani e quella nei sotterranei verso la fine della pellicola). Notevole e, nonostante lo scarso uso, ma giustamente dosato, del “bubusettete”, riusciamo anche a saltare sulla poltrona per qualche buon spavento.
Bubusettete in arrivo.
La violenza. Parliamoci chiaro: il primo film me lo ricordo poco. Mi sono pure addormentato nella fase centrale. Ma non mi sembra di ricordare che ci fosse parecchio sangue. Anzi. In Wolf Creek 2, invece, di sangue ce n’è parecchio tra smembramenti, dissezionamenti di cadaveri, torture eccetera eccetera. Finalmente, un buon uso moderno del lattice/gomma/plasticona o roba simile.
Concludendo, so di essere stato a tratti superficiale e un po’ generico ma, semplicemente, perchè, per gli amanti del genere, questo film è una sorpresa. Per quanto mi riguarda, l’ho trovato simpatico, divertente, abbastanza gore e ben realizzato, grazie ad un buon cast (John Jarratt su tutti), una buona regia ed una buona sceneggiatura che tenta, con notevoli risultati, di prendere la via corretta che ogni sequel dovrebbe prendere ovvero mostrare qualcosa di diverso. Una delle poche pecche della pellicola è, purtroppo, la conclusione della vicenda troppo sbrigativa e semplicistica ma, soprattutto, troppo simile a quella del suo predecessore. Guardatelo senza aspettarvi il film dell’anno e vi sorprenderà. Oh, almeno io non mi sono addormentato.