Magazine Cinema
Anche questa edizione numero 71 della Mostra del Cinema di Venezia si è conclusa.
Al mio secondo anno al Lido qualche riflessione è d'obbligo, a partire dai film visti.
Fin dall'inizio si denunciava la mancanza di pellicole di grido, con i quasi sicuri Malick, Burton e Paul Thomas Anderson non presenti e passati sulle sponde di Toronto, ma Barbera è riuscito a mettere insieme registi di fama, star nazionali e internazionali di comunque alto livello tra un doppio Al Pacino, un premiato James Franco, un cast all stars per Innaritu che sono riusciti a coniugarsi con la qualità. Certo, questa è sicuramente più presente fuori che dentro il concorso, in cui perfino io ho faticato a trovare la pellicola migliore, senza però riscontrare la stessa umanità, lo stesso amore a prima vista che è invece scattato per Retour à Ithaque, presentato nelle Giornate degli Autori.
Dando uno sguardo poi alle varie nazionalità, è innegabile come il livello italiano quest'anno sia stato molto molto alto, con i tre film che gareggiavano (Il Giovane Favoloso, Hungry Hearts e Anime Nere) che non hanno deluso, anzi.
Discorso diverso invece per i francesi, che sembrano aver puntato sulla quantità e non sulla qualità: in concorso (3 coeurs, Le Rançon de la Gloire e Le Dernier Coup de Marteau) sono stati quasi imbarazzanti e fischiati (se si esclude l'ultimo titolo), fuori, mine vaganti su cui non si sapeva se si poteva contare.
Passando invece alle pellicole americane, tutte sviluppate su grandi nomi d'attore e di regia, ci sono state le sorprese più leggere e più gradite (She's funny that way e Burying the ex), ma anche le riflessioni più scontate e patinate (99 homes, Good kill), portando così un bilancio alla pari, e li si ringrazia almeno per aver riempito il red carpet e aver portato le solite orde di fan a bordo del Palazzo del Cinema.
A tal proposito, impressionante come ragazzine di ogni età si trovassero già dalle prime ore della mattina a presenziare in attesa del proprio idolo. Per Andrew Garfield, approdato alle 22, già dalle 9 si scorgevano le prime instancabili, per James Franco, il delirio, scemato però alla vista del suo nuovo look (per esigenze di copione) con pelata con tanto di tatuaggio, tamarraggine e baffetto inquietante.
Tirando le somme, poi, il pubblico e gli accreditati che si aggiravano da una sala all'altra, non era certo moltissimo, con posti sempre disponibili anche se le code partivano a più di mezzora dall'inizio del film.
Colpa anche del tempo, non certo clemente in quanto a temperature e a sole?
Forse, sta di fatto che ovunque si andasse, la maledetta aria condizionata sparata a mille non mancava mai, chiedete al pubblico rimasto congelato in PalaBiennale per credere.
E parlando di sale, un plauso per il perfetto rimodernamento della Sala Darsena, che ha finalmente acquistato fascino ed eleganza.
A conclusione di queste riflessioni, dall'alto dei miei 38 film visti in 9 giorni (la domenica, ahimè, è stata sabbatica), restano negli occhi e nel cuore l'amore e la fame per il cinema che mai sarà saziata, la visione di splendide amicizie, di amori pericolosi, di scelte di vita che si fanno politiche che porterò nel cuore.
E se possono sembrare tanti, sappiate che ci sono almeno altre 3 pellicole che spero presto di recuperare, e che quindi consiglio anche a voi.
Mi sembra coerente, vista la missione nella mia scampagnata veneziana, concludere con questi:
- Heaven Knows What di Ben e Josh Safdie
- Boxtrolls di Anthony Stacchi e Graham Annable
- Court di Chaitanya Tamhane
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