Oppenheimer torna a raccontarci le stragi indonesiane del 1965, ma dopo avercele mostrate, in tutta la loro naturalezza e insensatezza, ricostruite e raccontate dagli assassini in The Act of Killing, sposta la macchina da presa sullo sguardo di una vittima collaterale, di un uomo ora 44enne che non ha mai conosciuto il fratello, e di una famiglia ancora dilaniata dalla perdita. Attraverso i suoi occhi, le parole degli spietati killer che ancora si vantano delle loro imprese, ci appaiono ancora più crude e difficili da credere, pronunciate così, senza rimorso.
Il viaggio del regista per scoprire come e magari anche perchè Ramli è morto, si muove tra negazioni, rifiuti e una cultura per cui il passato è solo il passato.
Così appare il silenzio.
Ancora una volta, fotografia di straordinaria bellezza, e contrappunti da brividi. Si esce commossi e segnati.
Dimenticate l'Innaritu delle storie corali ad incastro, questa volta il regista approda nella Hollywood più patinata ma si diverte a farne le beffe.
Il suo protagonista è infatti un Michael Keaton imprigionato nel ruolo del supereroe uomo-uccello, che cerca di far ripartire la sua carriera a Broadway. Ingaggiato un attore egocentrico e dotato (un redivivo e in splendida forma Edward Norton), dovrà passare per tre tragiche anteprime, e per un subconscio che lo tenta, per arrivare e tornare al successo.
Attorno a lui, una figlia annoiata (una bella e brava Emma Stone), attrici a pezzi (bentornata anche a Naomi Watts) e il più cinico dei manager.
Finale ricco di adrenalina, che riflette in modo geniale sul cinema di oggi, e sugli spettatori di oggi, lasciandoli così pienamente soddisfatti.
Nota di merito, la realizzazione composta di un (o più) piani sequenza, ritmati e incastrati nella batteria di Antonio Sànchez e nei corridoi dietro le quinte.
Commedia francese ambientata nel 1977 ma che ancora parla di crisi. Per superarla, due poveri immigrati in Svizzera decidono di fare il colpaccio: rubare le spoglie di Charlie Chaplin e richiedere un lauto riscatto.
Il divertimento a sprazzi è rovinato da una musica troppo tronfia e da situazioni fin troppo buoniste. Pasticciata anche la sceneggiatura, che inserisce un amore e un circo, così, per riempire.
Nulla di ché, quindi, nonostante qualche risata.