Un miliardo in mazzette, almeno quelle accertate, sono una cifra impressionante, la devastante immagine di un Paese che sperpera risorse gigantesche per arricchire un ceto parassitario che abita i quartieri residenziali sorti tra affari e politica. Ma anche di fronte all’emersione del fango da ogni dove si ha la netta impressione che si voglia traccheggiare, aspettare che passi “a nuttata” mediatica per poi continuare come e più di prima. L’andamento farsesco che sta acquisendo la vicenda del commissario straordinario Cantone e dei suoi eventuali poteri, con il consenso e l’apporto del medesimo, ne è un sintomo chiaro e inquietante insieme: il sistema è ormai così pervasivo che ogni antidoto tende inevitabilmente ad essere incluso in esso.
Ancora più impressionante è andarsi a rivedere la campagna elettorale del 2010 a Venezia: Orsoni e il suo maggior sponsor, il Pd, puntarono molto se non tutto sulla legalità. Certo l’avversario da battere era Brunetta e tutto ciò che pareva rappresentare: con Berlusconi ancora al potere, nonostante le bufere che si addensavano sul suo capo, era un gioco abbastanza facile. Ma altrettanto ingannevole. Sentire le parole di Orsoni che inneggia alla politica delle regole nella campagna elettorale pagata con la dazione del comitatone, prendere atto dell’orgoglio con il cui il Pd appoggiava il candidato sindaco, del resto incoronato dalle primarie, mentre ora dice che non è dei suoi, ascoltare le cronache delle recentissime europee in cui si turibola Renzi, ma al tempo stesso si aggancia il successo nella città lagunare alla buona amministrazione, fa ridere e piangere insieme. Vale la pena di risalire a quattro anni orsoni….