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Venezia minore

Creato il 26 ottobre 2011 da Walter_fano @walterfano
Venezia minore"Venezia minore" è un concetto importante per fruire degli aspetti insoliti e poco conosciuti della città, che discendono da una parte dalla storia dell'architettura, dall'altra dal cinema e dalla fotografia.
Il libro pionieristico e assai apprezzato anche da Le Corbusier, di Egle Trincanato, Venezia minore, aiuta a penetrare nella logica delle costruzioni civili veneziane, in particolare nei sestieri di Dorsoduro e Castello, determinata dall'utilizzo della pietra d'Istria, dalla presenza di alcuni stilemi (cornici, porte architravate, finestre monofore, bifore, polifore...) a volte rispondenti a soluzioni funzionali immediate, come la protettiva sporgenza dei barbacani sulle botteghe a piano terra, con il conseguente recupero di spazio abitativo nel piano superiore. Si tratta quindi di un importante codice di identificazione che impronta, anche nella vita quotidiana, un certo modo di concepire lo spazio e il decoro urbano.
Venezia minore era anche il titolo di un documentario del 1940 di Francesco Pasinetti, regista veneziano scomparso prematuramente (1911-49), fratello del romanziere Pier Maria Pasinetti. L'opera intendeva indirizzare la cinepresa alle sequenze di una vita quotidiana che scorreva lenta nelle calli, lungo i canali e attraverso i ponti dei sestieri di Cannaregio e Castello, ma anche alla Giudecca. L'interpretazione visiva di Pasinetti contrastava, per il suo realismo, con l'utilizzo scenografico della città in alcune grandi cerimonie pubbliche (come la visita di Hitler nel 1934).
E ancora, con Gianni Berengo Gardin, è possibile, grazie alle sue fotografie in bianco e nero, seguire un itinerario alternativo a Venezia che parte da Piazza San Marco innevata o battuta dalla pioggia o invasa dall'acqua alta, solcata dalle passerelle, finché scatto dopo scatto l'occhio si addentra nelle calli, scruta gli accessi, entra nelle case visitandone gli interni e ritraendone i proprietari: dal paesaggio al ritratto, questo è il filo del reportage di Berengo Gardin.
Il film Pane e tulipani (2000) di Silvio Soldini racconta una Venezia insolita negli interni bassamente illuminati, delle pensioncine di infimo ordine, delle trattorie, degli appartamenti popolari di Santa Marta. Il tipo di intreccio del film è quello denominato "scomparso a Venezia", in cui un uomo (nella fattispecie una donna) esce dalla propria insoddisfacente routine, evadendo significativamente dal proprio ruolo sociale, durante un viaggio veneziano all'origine apparentemente casuale, in verità iniziatico e profondamente autorivelatorio.

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