Anno: 2012
Durata: 92′
Genere: Drammatico/Pulp
Nazionalità: USA
Regia: Harmony Korine
È consentito disquisire sul fatto che questo film in stile Korine possa considerarsi riuscito o meno, piuttosto che sgarbato e provocante, e per questo esprimersi a favore o contro. Tuttavia, c’è da ritenere esageratamente azzardata la scelta di includere questo prodotto, che dialoga senza un minimo di decenza etica, estetica e produttiva, sul white trash americano, nella sezione In Concorso di un festival che quest’anno, a pochi giorni dalla fine, ancora brancola nel buio nel decretare i propri preferiti.
Ritengo infatti che taluni film non possano essere accettati per il solo fatto di essere il risultato della firma di un eccellente provocatore, che prima di tutti ha saputo rappresentare il marciume, nella sua interezza. Non vedo alcun interesse nell’accogliere a braccia aperte seni e sederi, che popolano in primissimo piano almeno un’ora del film; per non parlare di quante canne di mitra, pistole e armi, unite a stupefacenti di ogni tipo, si vedono nella restante parte. Non ci vedo alcun interesse perché trovo estremamente superfluo farne una promozione che possa anche solo lontanamente sfiorare l’autoriale: questi film non hanno bisogno di essere supportati. La pornografia si promuove da sé.
Già, perché il confine con il porno qui, davvero è molto sottile; e se per caso non si voglia utilizzare questo termine, possiamo anche definirlo trash questo tentativo di mostrare taluni strati della società come problematici, e tentare poi di compatirli o trovare in loro una lettura buonista: sono il risultato schizzato della mancanza di riferimenti, e un film che esalta narrativamente ed eticamente queste follie, non può arrivare ad entrare In Concorso in uno dei festival più autorevoli e datati dello stivale. Considerando, inoltre, che questo spazio è stato interdetto a tante altre piccole perle, che con fatica quest’anno stiamo trovando, relegate nelle sale minori e con un pubblico rado. In un certo senso è troppo facile dare in mano ad Harmony Korine, dopo il polverone sollevato da Gummo in poi, lo scettro del ribelle e della voce fuori dal coro della selezione ufficiale.
Ma parliamo un po’ del film, Spring Breakers: quattro ragazze, adolescenti, figlie di famiglie spezzettate, decidono di trascorrere le loro vacanze di primavera in Florida. Non avendo soldi a sufficienza, si procurano il necessario con una rapina. Conquistata così la loro libertà, danno sfogo ai loro peggiori istinti (se già la rapina non era stata abbastanza). In una giornata tipo vengono però arrestate in una retata; a quel punto, uno dei capetti spacciatori della zona decide di liberarle e di renderle sue protette. Due di loro abbandonano presto il campo, e soltanto le ultime due rimangono a giocare una partita rischiosa dove ci scappano diversi morti, un po’ come se fosse un vivido videogioco. La sottile linea rossa che separa i buoni dai cattivi diventa sempre più flebile, ma le due ragazzine sembrano avere il pieno controllo della loro parte nera: una facile illusione, giacché una volta che ammazzi, checché tu ne pensi, sei un assassino. Tra teatrini trash dove il sesso non basta più e si passa ai rapporti con le armi, ostentazione forzata, sforzata, vomitata, del possesso, Korine non è più credibile. Sortisce risate, quando si riesce a non esserne allibiti. E davvero non si capisce se volesse far ridere o disgustare.
Inneggiando a Britney Spears, penso che l’unica cosa che si salvi è il montaggio sperimentale, un tutt’uno con la cultura elettronica moderna, con i tagli scanditi dal caricatore della pistola.
Altrettanto, però, ritengo che pagare un biglietto per sentirsi la Spears cantata dai denti dorati di James Franco valga meno che la peggior puntata di un telefilm con Chuck Norris.
Rita Andreetti
Scritto da Rita Andreetti il set 6 2012. Registrato sotto IN SALA, RECENSIONI FILM VISTI AI FESTIVAL. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione
COMMENTI (1)
Inviato il 12 settembre a 12:53
Già Gummo era un film "paraculo", diciamolo. Questo qua non mi fa neanche voglia di vederlo, mi basta la descrizione. Exploitation ai massimi livelli, e davvero, smettiamola di chiamare "provocazione artistica" quello che è semplicemente un tentativo di far parlare di sè con quello che vende (cioè sesso e violenza, senza voler fare i moralisti, ma...). Degno compare di Larry Clark...!