Anno: 2012
Durata: 95′
Genere: Arti marziali
Nazionalità: Cina
Regia: Stephen Fung
Gli appassionati dell’arte marziale e dello scontro Ying versus Yang potranno solo assaggiare le meraviglie dell’eroe sciocco creato da Stephen Fung: più che altro perché Tai Chi o, presentato a Venezia a questa 69° edizione della Mostra del Cinema, è solo la prima parte di una trilogia. Lo conferma il trailer che chiude i titoli di coda, come lo confermano le giornaliste orientali che placcano il pubblico all’uscita della sala, affamate di giudizi.
La storia di Lu Yang è quella di un giovane ragazzo un po’ sfortunato: nato con una piccola deformazione sulla fronte (un corno, che si rivelerà poi essere l’impronta di un talento quasi soprannaturale), viene rifiutato dal padre; la madre nel tentativo di salvarlo, lo affida ad un maestro di arti marziali. Purtroppo questi è un malefico capo di una setta avversa all’impero, e il talentuoso Lu Yang si trova a combattere per una causa maligna rischiando la sua stessa vita. La sua unica possibilità di salvezza è l’apprendimento delle tecniche di Tai Chi tramandate nel villaggio dei Chien: ma questi sono alquanto gelosi della loro pratica vincente, e il ragazzo dovrà superare diverse prove per conquistarsi la fiducia del villaggio e il pass per le lezioni della nuova disciplina.
Fiaba moderna che accompagna la solita portata principale delle arti marziali, che abbiamo ormai gustato in diversi modi, con una selezione di generi e linguaggi che rende la visione veramente piacevole: nessuna pretesa d’autore, ma tra i titoli di animazione, gli effetti visivi di ottima fattura, la colonna sonora metal e i personaggi un po’ macchiettati, Fung riflette su di un momento storico fondamentale per la Cina. Non c’è soltanto, infatti, il viaggio del protagonista un po’ ebete verso l’età adulta; ma anche l’arrivo della ferrovia, i primi rudimenti della polvere da sparo e dei fucili, il valore dei legami con la terra di origine e la sete di potere di chi di questi legami ha perso memoria.
È innegabile che Fung, nel primo episodio, abbia infilato tutto ciò che voleva sperimentare; ma la sua abilità ha fatto sì che tali inserti possano essere percepiti come equilibrati, spensierati e pertanto divertenti. E in aggiunta, lo stuzzicante trailer che chiude il film, che non risparmia alcuna spesa, fa leva sugli stessi meccanismi a cui tante serie americane ci hanno abituato.
A fronte quindi di un’avventura per adolescenti (non troppo giovani, perché di pugni se ne danno), non rimane che segnalare una tecnica digitale raffinata, colori e profondità di campo senza fine, coadiuvate da una post produzione competitiva.
Un film che tecnicamente appassionerà chi da questo genere si lascia catturare. Ma senza troppo impegno.
Rita Andreetti