Questo post anche su lookande (non si tratta solo di locali in questo caso, molto di più).
Pur essendo di storia ormai più che decennale, di certificata valenza regionale, di enorme profondità tematica, di impatto non secondario sul Pil, La Cena degli uomini continua a non essere finanziata dalla Regione Fvg.
In-spie-ga-bi-le.
Questo post e questo link valgono come richiesta formale di contributo (bene ha fatto il Palazzo a mandare ieri sera alla periferia del nostro tavolo centrale il suo consigliere G.B. in funzione di ispettore Onu. Ha preso appunti, monitoreremo).
Eravamo all’Orsone. Serata biblica per approfondimenti socio-storici-economici e completezza di menù. L’uovo gigliottinato con dentro il paradiso in miniatura è stato un avvio da ola. Il gabbianone ha quindi assaggiato per voi (anzi, per lui) la battuta di Fassona, aglio nero, ravanelli e crumble di sedano rapa, le orecchiette di grano arso con salsiccia NY style, cicoria, mazzancolle e pesto di cime di rapa, i ravioli fuori forma con coniglio, tartufo nero e siero di ricotta.
Arrivati a quel punto siamo certi di aver vissuto un capitolo omerico: una gigantesca Washington si è pappata i sei commensali. Chiusura con mousse di banana, vino rosso, sesamo e gelato di Philadelphia, mentre un paio di sopravvissuti sono entrati in un sapiente percorso-formaggi.
La conferma di un ristorante diventato adulto in fretta, stellato senza esserlo formalmente, diverso da ogni altra proposta del territorio, a ogni puntata capace di sorprenderti con qualcosa che la volta prima non c’era (ieri, tra l’altro, il gelato-digestivo con lo stecco: immagine anni Ottanta), impagabile per comunicazione, scenografia, competenza. Dai tempi lunghi degli esordi, siamo pure arrivati alla perfezione dell’orologio tra una portata e l’altra.
Ah, nel frattempo siamo entrati in cantina. Vini mai così importanti nella storia della manifestazione, con una sentenza – di chi altri se non del nostro vater-r – che entra direttamente nella Hall of Fame: «Questo bianco ha il soul di un nero». Champagne Ruinart, Bianco macerato di Ronco Severo, Vespa Bianco 2010, TERRE ALTE 2006 di Livio Felluga, Refosco di Meroi. La chiusura con il Vin santo sintetizzava perfettamente la religiosità dello slalom speciale.
Finale tra amari e amarezza di un commensale (uscito dalla bistecca) scaricato da una presunta fiamma: non sempre le donne sono all’altezza degli uomini, figurarsi dei vini. Mancavano i soliti noti («gli assenti han sempre torto» mi pare sia stato già inventato), ma i presenti hanno ridato il meglio, coccolati da un padrone di casa immenso: Andrea. Da “anér”-“andrós”: uomo. Nomen omen. Come da statuto, il livello è sempre altissimo. Perché multi sunt vocati, pauci vero electi.