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Venosa/ Carlo Gesualdo (1566 – 1613) il madrigalista Principe di Venosa

Creato il 03 settembre 2013 da Antonio Conte

Un musicista aristocratico

Il Principe e Autore dei Madrigali, Gesualdo da Venosa

Il Principe e Autore dei Madrigali, Gesualdo da Venosa

Principe di Venosa a capo di vasti domini feudali, appartenente a una famiglia che discende dai re normanni, nipote di Carlo Borromeo e del cardinale Alfonso Gesualdo che aspira al soglio pontificio (sarà il futuro papa Pio IV), Carlo Gesualdo è personaggio assai in vista nella società napoletana del tempo. Da persona altolocata, egli coltiva la musica per proprio diletto, senza esercitare la professione di fatto; non si cura perciò del facile successo, né di dar pubblicità alla sua opera. Non si riconosce in alcuna scuola (considera un maestro ideale solo Luzzaschi, attivo alla corte estense), indice di orgoglio e riserbo aristocratico. Ma conosce e pratica la sua arte ai massimi livelli, con senso di autocritica e spirito di indipendenza nei giudizi, e ne è perfettamente cosciente.

Estroso, dotato di una personalità spiccata e ombrosa e di un carattere irrequieto, Carlo Gesualdo è universalmente noto per le torbide vicende familiari: nel 1590 scopre in flagrante adulterio e uccide, con l’amante, la moglie Maria d’Avalos, celebrata al tempo per nobiltà e bellezza. Passa a seconde nozze nel 1594 con Eleonora d’Este, nipote del duca di Ferrara Alfonso II (il matrimonio è di pura convenienza: la casa d’Este teme l’annessione del Ducato allo Stato pontificio, poiché il duca non ha eredi; per sostenere le speranze di successione ha bisogno dell’appoggio del cardinale Gesualdo). Ferrara, all’epoca, è sede dell’accademia musicale più aristocratica ed esclusiva d’Italia. Vi si tengono esecuzioni raffinatissime e riservate, vi risiede il celebre trio di dame, celebrate per spirito e bellezza oltre che per la loro suprema arte vocale. Da quest’ambiente, Carlo Gesualdo non manca di trarre ricchi stimoli per la sua arte.

L’influsso della corte ferrarese si fa sentire nei Madrigali del terzo (1595) e del quarto libro (1596), nei quali Carlo Gesualdo – che ha già conquistato una spiccata originalità – dichiara d’aver imitato la “nuova maniera” del Luzzaschi, da lui oltremodo ammirato. Ma già in precedenza, il senso di affinità con la corte di Ferrara era stato acuito dalla frequentazione del Tasso, suo ospite nel 1588 e nel 1592; il poeta gli aveva fornito il testo poetico di circa 40 madrigali, una decina dei quali erano stati messi in musica da Carlo Gesualdo. Il compositore intrattiene rapporti anche con Giovan Battista Guarini, nel quale si incarna l’ideale estetico della corte ferrarese: i suoi testi pastorali, eleganti, morbidi e sensuali, sono privilegiati dai madrigalisti di fine secolo.

Le successive raccolte di madrigali sono pubblicate a Gesualdo, nel napoletano, dove il principe risiede sino alla morte e dove mantiene un ampio gruppo di musicisti. Gli aspetti “espressionistici” dell’arte gesualdiana, già sperimentati a Ferrara, si accentuano nel quinto e nel sesto libro di madrigali, dominati da un cromatismo spinto, da ardite successioni di dissonanze, dall’imprevedibilità del decorso armonico. Oltre alle sei raccolte di madrigali a 5 voci, la produzione gesualdiana – non amplissima, nel complesso – comprende due libri di Sacrae cantiones a 5 voci (pubblicati a Napoli nel 1603) su testi penitenziali, ricchi di cromatismi e di armonie dissonanti, e i Responsoria a 6 voci per l’ufficio della Settimana Santa (1611).

Madrigale

Genere principe della polifonia vocale profana italiana tra il 1520 e il 1630 circa. Di natura contrappuntistica, affine al mottetto, per lo più a 4 o 5 voci, si caratterizza per l’aderenza espressiva a un testo poetico non strofico (madrigali, sonetti, stanze di canzoni, ottave ecc.). Al madrigale, più che a ogni altro genere, si lega l’evoluzione del linguaggio e dell’estetica musicale tra XVI e XVII secolo. Ha diffusione europea, soprattutto in Inghilterra. E’ normalmente eseguito a cappella.

L’arte Madrigalista di Gesualdo

L’invenzione, nei madrigali gesualdiani, è tutta modulata sui contrasti sonori causati dalla rapida alternanza delle immagini poetiche. Per questo Carlo Gesualdo, sostanzialmente indifferente alla qualità letteraria dei testi che mette in musica, predilige testi brevi, nei quali si alternano rapidamente immagini e affetti fortemente contrastanti. Tipici, in questo senso, i madrigali su testi di Marino, che offrono immagini nitide e concetti arguti in una struttura concisa, epigrammatica, priva di fronzoli retorici.
L’articolazione musicale del testo è fondata sulla segmentazione delle immagini suggerite dal testo poetico e sulla loro individuazione sonora, grazie alla combinazione dei diversi procedimenti della scrittura polifonica. Il discorso procede per opposizioni radicali: all’omofonia si contrappone la scrittura imitativa, alla consonanza la dissonanza, ai soggetti diatonici i soggetti cromatici. E’ un linguaggio frammentato all’estremo, che nasce da una sensibilità accentuata nei confronti dei suggerimenti emozionali offerti dal testo. Gli affetti rappresentati vanno dal dolore più lacerante alla gioia più esuberante: l’esagerazione dei contrasti è un elemento che l’arte gesualdiana condivide con la retorica manierista.

La raffigurazione musicale degli stati emotivi estremi richiede un vocabolario più ricco di quello impiegato dai contemporanei. Carlo Gesualdo mostra una sovrana indipendenza dalle regole grammaticali e contrappuntistiche della composizione madrigalistica; impiega il cromatismo a scopo espressivo non in via eccezionale, come vorrebbe la norma, ma in modo estensivo. Il cromatismo armonico esasperato, lo sfruttamento radicale della dissonanza sono senza dubbio gli aspetti più conturbanti dell’arte gesualdiana.
L’abitudine a sezionare il testo in frammenti e a rendere il significato di parole singole, anziché quello di una frase compatta, produce un effetto “chiaroscurale”: il testo poetico è sciolto in immagini isolate e antitetiche, collegate solo dal vincolo concettuale tra i membri logici del testo. Nei madrigali di Carlo Gesualdo, l’unico elemento che assicura la coesione delle sezioni musicali è il testo poetico, che collega per opposizione, per negazione o per parallelismo le immagini verbali-musicali. La compitezza formale e la fluidità del madrigale classico, perciò, si dissolvono; il discorso è esuberante e fantasioso, ma discontinuo.

Per tutto il Seicento, i madrigali di Carlo Gesualdo vengono studiati come un modello di contrappunto licenzioso e altamente espressivo. In tempi moderni (al di là dell’interesse morboso suscitato dalle torbide vicende private, che ha dato origine a una bibliografia corriva) il compositore ha attirato l’attenzione su di sé per i tratti altamente individuali della sua arte: Carlo Gesualdo sembra anticipare, con la sua poetica, la figura dell’artista romantico che si scioglie dalle convenzioni in virtù della sua forza demiurgica.

Bibliografia

G. Watkins, Gesualdo: The Man and his Music, London, Oxford University Press, 1973.
C. Piccardi, “Carlo Gesualdo: l’aristocrazia come elezione”, in Rivista italiana di musicologia, IX, 1974, pp. 67-116.
P. Cecchi, “Le scelte poetiche di Carlo Gesualdo: fonti letterarie e musicali”, in La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di D.A. D’Alessandro e A. Ziino, Roma, Torre d’Orfeo 1987, pp. 47-75.
K. Wettig, Satztechnische Studien an den Madrigalen Carlo Gesualdos, Frankfurt am Main, Peter Lang, 1990 (Europäische Hochschulschriften XXXVI/45).

La Musica

  • Ahi, disperata vita – 1′ 21
  • Sospirava il mio core – 1′ 35
  • O malnati messaggi – 2′ 05
  • Non t’amo, o voce ingrata – 3′ 29
  • Canzon francese del Principe – 6′ 00
  • Luci serene e chiare – 3′ 14
  • Sparge la morte al mio Signor – 4′ 12
  • Arde il mio cor -2′ 09
  • Io tacerò – Invan dunque – 4′ 12
  • Occhi del mio cor vita – 3′ 25
  • Mercè grido piangendo – 4′ 11
  • Asciugare i begli occhi – 3′ 05
  • Correte, amanti – 2′ 49
  • Se la mia morte brami – 3′ 01
  • Io parto – 2′ 52
  • Ardita zanzaretta – 3′ 06
  • Ardo per te, mio bene – 3′ 04

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