Vent’anni di solitudine: di chi è stato condannato a essere diverso, una minoranza ridotta al silenzio, penalizzata nella vita civile, pubblica, come in quella privata, invasa da spot bercianti, dalla volgarità esibita come una qualità nei talkshow, dalle esistenze vendute ai reality, come i corpi delle compiacenti ragazze e i cervelli meno appetitosi e alla lunga meno costosi di giornalisti, scrittori, “intellettuali”, creativi.
Vent’anni di solitudine: di chi non si è arreso alla realtà, all’esistenza e alla politica parallela: la giustizia a Forum, la democrazia a Porta a Porta, i consumi a Ok il prezzo è giusto, la selezione del ceto dirigente a La ruota della fortuna.
Vent’anni di solitudine: di chi non ha voluto credere che i voti nel declino della democrazia legittimo chi la sta minacciando, di chi sa bene che non possono essere considerate “regolari” elezioni condizionate dall’occupazione militare della propaganda e dei luoghi del confronto, quando il conflitto d’interesse palese e ostentato del principale contendente è tollerato e poi mutuato dalla principale forza di opposizione. Vent’anni di solitudine: di chi per indole o per educazione pensa che egoismo, arrivismo, sopraffazione non possano essere considerate qualità e vocazioni da esaltare, indispensabile corredo per conseguire traguardi e affermazioni, di chi continua a essere persuaso che non si tratti di vizietti perdonabili fino a diventare ammirabili, invidiabili e replicabili per “arrivare”, tramite affiliazione, fidelizzazione, ubbidienza.
Vent’anni di solitudine: dei lavoratori che vedevano ridicolizzare dal presidente a un tempo operaio e padrone, la tragedia equivoca dell’approdo delle relazioni sindacali sull’accondiscendenza, sull’appiattimento “necessario”, su cedimento al ricatto inesorabile della scelta tra rinuncia ai diritti o posto, tra perdita delle conquiste e salario, tra occupazione e salute, tra dignità e stipendio.
Vent’anni di solitudine: di chi aveva visto collocarsi in prima linea nella supina cessione di democrazia attraverso lo smantellamento del parlamentarismo, attraverso lo smottamento dei principi costituzionali per devozione a quelli dell’imperialismo finanziario e all’Europa che ne esegue gli ordini, quel che restava di partiti che avrebbero dovuto rappresentare gli interessi degli sfruttati, dei cittadini, tutti, compresi quelli che aspiravano chissà come mai a diventarlo, in uno spaesamento di idee, valori, aspirazioni, con un senso di perdita irrecuperabile di dignità, memoria, civiltà.
Vent’anni di solitudine: di chi non si riconosce negli altri, di chi patisce la vittoria della lotta di classe di chi ha contro chi non possiede e che si sviluppa con l’inimicizia, l’ostilità, la diffidenza, la rottura di patti antichi, di chi riconosce nelle facce intorno il volto prestato al comando, che interpreta vizi secolari di un’autobiografia nazionale, e proprio per questo ne legittima l’affiorare da dentro e l’affermarsi, corruzioni, clientelismo, familismo, disprezzo delle regole e delle leggi.
Vent’anni di solitudine. E di sgomento per il ripresentarsi ciclico di dittature sempre più sguaiate e sgangherate. E forse ancora più capaci di creare consenso in un amalgama feroce e velenoso di complicità e assoggettamento, che tutto congiura a zittire la critica e a impedire sguardi lunghi. Cosicché non serve ammazzare i dissidenti: a intimidire bastano altri crimini, altri morti, magari per suicidio, altre minacce.
Berlusconi sceso in campo proprio oggi, vent’anni fa, non ci ha garantito un milione di posti di lavoro nemmeno la cura contro il cancro. Ci ha dato vent’anni di solitudine. E di disincanto. E di vergogna per averlo subito e subirlo, che in montagna ci si va per sciare, che la critica si fa con un clic sul pc, che chi si lamenta viene accusato di dissennato qualunquismo per non dire disfattismo-
Basta solitudine, i nostri cuori sono case con molte stanze, ci stanno tanti tipi d’amore, anche quello per hli altri da noi, per un mondo “altro” rispetto a questo, per la responsabilità di decidere per noi, per la libertà.