Venticinque è una di quelle cifre assai belle: è piena, è dispari, è in mezzo. E’ strano quanto poco e niente capisca di numeri e dia loro importanza nelle piccole e sceme cose della vita: quattro passate di mascara e non di più, due di eyeliner, tre spruzzi di profumo, il 30, i 25, i numeri dispari, tre polpettine, mai quattro, mai due. Due biscotti, due fette biscottate.
Venticinque potrebbe essere il mezzo nuovo inizio ma poi ogni giorno è un inizio e pure non lo è.
Cinque anni fa, fra cinque anni. Com’ero, dov’ero, con chi ero. Come sarò, dove sarò, con chi sarò.
E oggi, 30, 5, 25.
Una candelina, messaggi e telefonate.
Trenta, venticinque. Il tempo che passa e che è passato. Loro due più forti e più deboli, insieme. Io più forte di sicuro ma con un peso di paure che nascondo sotto le scarpe alte che metto sempre più spesso, dietro la sicurezza che riesco ad esprimere e che ho imparato a portare con me ma che la sera lascio fuori dalla porta.
Noi due, come numeri dispari poco tondi in tutto.
Trenta, cinque, venticinque. Come sono oggi.
Da qui.
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